FETTUCCINE ALLO SCAMMARO DI MARE
Ingredienti:
400 gr fettuccine
800 gr cozze
½ kg vongole
½ kg cannolicchi
600 gr taratufi
4 spicchi d’aglio
200 gr olive di Gaeta denocciolate
100 gr capperi di Pantelleria dissalati
2 filetti di acciuga di Cetara sott’olio
350 gr olive verdi denocciolate
1 ciuffo di prezzemolo
150 gr olio evo
Sale q.b.
Procedimento:
Dopo aver sciacquato i frutti di mare in acqua con sale, aprirli separatamente in 4 pentole diverse. Appena aperti sgusciare i frutti di mare e raccoglierli in un’unica terrina, ricoprendoli con il loro liquido di cottura filtrato.
Portare ad ebollizione, in una pentola, l’acqua e cuocere al dente le fettuccine. Durante la cottura della pasta, in una padella capiente, rosolare 2 spicchi d’aglio nell’olio evo, sciogliervi i filetti di acciuga, aggiungere i capperi dissalati, una manciata di olive verdi e due mestoli di liquido di frutti di mare. A cottura al dente delle fettuccine estrarle dall’acqua e porle nella padella dell’intingolo preparato, amalgamare bene il tutto, aiutandovi, se è il caso, aggiungendo altri mestoli di acqua di cottura dei frutti di mare e prima di impiattare versate tutti i frutti di mare, con le restanti olive verdi, olive di Gaeta ed il prezzemolo tritato grossolanamente. Insaporire il tutto per qualche minuto ed impiattare.
Leopardi a tavola
Lo chef Antonio Tubelli, storico della tradizione culinaria partenopea e studioso degli usi e costumi e a tavola degli italiani, ha raccolto una serie di ricette desunte e realizzate sulla base delle preparazioni scritte dal grande poeta di Recanati quando si trovava a Torre del Greco. Cucinava i piatti preferiti di Leopardi il grande Monzù Pasquale Ignarra conosciuto a Firenze, esule con Antonio Ranieri; Ignarra, amico militante di Ranieri si dedicò al benessere alimentare dell'amico Giacomo nella tenuta padronale di Giuseppe Ferrigni, che in seguito diverrà Villa delle Ginestre, dove il poeta trascorse l’ultima stagione della sua esistenza.
Lo chef Antonio Tubelli
Nell'arte culinaria del popolo napoletano sono visibili le tracce del suo passato proprio come nel dialetto. Antonio Tubelli segue queste tracce e le fa ripercorrere a tutti coloro che hanno la fortuna di assaggiare la sua cucina. I suoi imperativi sono qualità, tradizione e contaminazione perché la ricchezza della cucina napoletana nasce anche dalla capacità di accogliere ed interpretare le correnti che l'attraversano. Così fu a Napoli nei secoli XVIII e XIX quando i capocuochi delle case aristocratiche si fregiavano del titolo francesizzante di “Monzù”. Antonio Tubelli cucina nel quartiere Chiaia, cuore della Napoli storica.