Sarà ricordato come l'eroe timido e un po' umbratile, elegante e estremamente affidabile del cinema americano; l' uomo moralmente ineccepibile, anche se talvolta insicuro. Ma non solo: Gregory Peck è riuscito a interpretare con successo anche personaggi negativi grazie a quel suo lato misterioso, oscuro, che Hitchcock seppe valorizzare così bene in ''Io ti salverò''.
Nato a La Jolla, in California, nel 1916, fece appena in tempo a passare dal teatro al cinema che diventò subito un divo. Furono due film piuttosto modesti, dopo l'esordio con ''Days of Glory'' di Jacques Tourneur (1944) a farlo diventare famoso: ''Le chiavi del Paradiso'' di John Stahl e ''La valle del destino'' di Tay Garnett. Nel 1947 è già tra gli attori piu' richiesti: interpreta ''Il caso Paradine'' di Hitchcock e ''Duello al sole'' di Vidor che lo lanciò nell' epopea del far west dove sarebbe rimasto a lungo negli anni delle giovinezza e dove sarebbe tornato con uno dei suoi ultimi film ''Old gringo'' (Luis Puenzo, '89).
Sugli schermi Peck fece un discreto numero di conquiste, dalla Ingrid Berman con vocazione di crocerossina di ''Io ti salverò'' alla deliziosa Audrey Hepburn di ''Vacanze romane'' (William Wyler, 1953), dalla litigiosa Lauren Bacall di ''La donna del destino'' (Vincent Minelli, 1957) alla Ava Gardner dell' hemingwayano ''Le nevi del Kilimangiaro'' (Henry King, 1953).
Il Gregory Peck tutto d'un pezzo emerge nell'antirazzista ''Barriera invisibile'' (Elia Kazan, 1947) o in ruoli di democratico ed eroico militare come il tenente di ''38/mo parallelo missione compiuta'' (Lewis Milestone, 1958), il comandante di sottomarino di ''L' ultima spiaggia'' (Stanley Kramer, 1959) o il capo del temerario manipolo di ''I Cannoni di Navarone'' (J.Lee Thompson, 1961).
Tra i personaggi negativi meglio riusciti vale la pena ricordare invece il Capitano Achab del ''Moby Dick'' di John Huston (1956) e il sadico dottor Lieberman di ''I ragazzi venuti dal Brasile'' (Franklyn Schaffner, 1978). Da ''Il grande paese'' di William Wyler (1958) a ''Adorabile infedele'' di Henry King (1959), da ''Il buio oltre la siepe'' (Robert Mulligan, 1962) che gli valse un Oscar, da ''Arabesque'' (Stanley Donen, 1956) a ''L’uomo dal vestito grigio'' (Nunnally Johnson, 1956), Peck spazia dall' epoea al film giudiziario, alla spy story, con una recitazione talvolta monotona ma sempre illuminata dalla sua figura carismatica.
Tra le ultime interpretazioni di Peck, che fu per alcuni anni presidente della Academy of Motion Pictures Arts and Sciences, si ricorda un cameo nel remake di Martin Scorsese di ''Il promontorio della paura'' di cui era stato protagonista nell' originale di J. Lee Thompson del 1963 insieme a Robert Mitchum.
Educato in un istituto militare cattolico, influenzato dal liberismo Roosveltiano, Peck è stato un democratico di ferro ed un tenace sostenitore di Clinton. «I conservatori non mi hanno mai amato – disse in un'intervista - e credo di non essere nella lista dei 10 migliori amici di Reagan». Ha affidato i suoi ricordi ad un' autobiografia, ''An Actor's Life''.
Muore a Los Angeles il 12 giugno 2003. Ha riassunto la sua lunghissima carriera con questa frase: «Molti film per il pubblico, una mezza dozzina impegnati, sei o sette da dimenticare».
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