La ''principessa del popolo'' dal tocco umano, triste e infelice per colpa di un marito, Carlo, che amava un'altra? Una scheggia impazzita, una creatura senza più bussola per colpa dei vacui e altezzosi Windsor? Un'abile calcolatrice che con spregiudicatezza si servì dei tabloid per rovinare l'immagine del consorte fedifrago? O l'''ambigua deficiente'' mangiauomini, come di recente è stata liquidata dall'icoloclastica scrittrice femminista Germaine Greer?
Di sicuro e di incontrovertibile c'è soltanto una cosa: affascinò come pochi personaggi pubblici sono stati capaci di fare, grazie ad un mix di bellezza ed eleganza, godeva in patria e all'estero di una celebrità senza paragoni e la sua drammatica scomparsa generò un'incredibile ondata emotiva spingendo qualche giornale ad azzardare impropri paragoni di santità addirittura con Madre Teresa (deceduta pochi giorni più tardi).
Nata il 1° luglio 1961 in una casata aristocatica del Norfolk (gli Spencer), poco brillante a scuola, Diana divento' una celebrità di respiro mondiale all'inizio degli Anni Ottanta quando - timida ragazza ''senza passato'' (e cioè vergine) - divenne la girlfriend di Carlo, il goffo erede al trono che sposò il 29 luglio del 1981 nel corso di una fastosa cerimonia nella cattedrale londinese di Saint Paul. Sulle prime la coppia sembra filare d'amore e d'accordo e nascono i due figli: William (il 21 giugno 1982) e Harry (il 15 settembre 1984).
Nella seconda metà degli Anni Ottanta il ''matrimonio del secolo'' va però clamorosamente a rotoli: Carlo non riesce a dimenticare il suo primo amore (Camilla) e Diana si ammala di anoressia, tenta o finge di tentare il suicidio, sviluppa rapporti sempre più difficili e burrascosi con la famiglia reale (in particolare con il principe Filippo che la considera una povera spostata).
Costantemente alla ribalta per le tante cause che patrocina, in particolare per conto della Croce Rossa, la principessa si separa ufficialmente dal marito fedifrago nel dicembre 1992 e divorzia definitivamente da lui nell'agosto del 1996. «Eravamo in tre nel matrimonio, che quindi era un po' affollato»: così, con una velenosa frecciata a Camilla, spiegò il naufragio delle sue nozze durante una celebre intervista televisiva.
Spesso e volentieri sulle prime pagine dei giornali per i suoi amori, Diana portò avanti nel corso degli Anni Novanta una sorda guerra contro ''the Company'' e cioè la famiglia reale. Non si fece scrupoli ad usare i più pettegoli e beceri tabloid (in particolare il giornalista Andrew Morton) come strumento per far pubblicare notizie a lei favorevoli. L'entourage di Carlo avrebbe risposto a queste ''campagne'' informando a sua volta i tabloid delle numerose sbandate amorose della principessa, nel palese tentativo di toglierle l'aureola di vittima. La sua morte - ad appena 36 anni, assieme al suo ultimo ricco accompagnatore, Dodi Al Fayed - non provocò soltanto un lutto collettivo senza pochi precedenti in Gran Bretagna (come racconta in modo magistrale il film 'The Queen' con Helen Mirren nei panni della regina Elisabetta) ma anche un grosso dibattito sul ruolo della monarchia britannica in un universo dominato dai media.
Il premier laburista Tony Blair, al potere da pochi mesi quando nel 1997 Diana perse la vita in seguito all'incidente automobilistico sotto il ponte dell'Alma, prese le sue parti e poche ore dopo la morte la definì «the People's Princess», la principessa del popolo, indicandola chiaramente come una figura reale esemplare in contrapposizione ai remoti, formali, impacciati Windsor.
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Il 1° luglio nella storia
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