Molti la ricordano oggi come una ''vamp'' dallo sguardo gelido, o come la fatale ''mangiatrice di uomini'' proposta da Max Ophuls nella ''Signora di tutti'', il suo primo film veramente importante. Ma i biografi più attenti sostengono che quest'immagine, creata dall'industria cinematografica italiana tra le due guerre per ricalcare i modelli della Garbo e della Dietrich, fa torto alla sua personalità e al suo temperamento.
Quella di Isa Miranda, nata a Bergamo nel 1905 ''all'alba di un 5 luglio da due bravi ma poveri contadini'', è una storia di successi e cadute, di torti e forzature, una storia la cui vera protagonista è quella macchina del cinema cui lei, sartina, dattilografa e impiegata non seppe mai adattarsi pienamente nonostante una disperata ansia di affermazione; un' ansia che fece rimbalzare la sua immagine dalla scrivania di Angelo Rizzoli alle migliaia di manifesti e cartoline che inondarono l' Italia. Per qualche anno comunque, Ines Isabella Sampietro (questo il suo vero nome) fu la sola, l'unica, la grande diva del cinema italiano. Quando fu chiamata a interpretare il primo film italiano sull’emigrazione, ''Passaporto rosso'', non aveva rivali del suo sesso. Vengono così i successi anche in Francia, Germania e Inghilterra; La chiamano perfino a Hollywood dove gira due film e dove rimane fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Gli anni Quaranta sono ancora un susseguirsi di grandi affermazioni, che arrivano con ''Malombra'' di Soldati, ''Zazà '' di Castellani e ''Le mura di Malapaga'' di René Clement.
La sua stella, però, comincia a essere offuscata dagli astri nascenti di Assia Noris, Luisa Ferida, Clara Calamai, Alida Valli (che finirà per dominare su tutte, incontrastata) e dal mucchio selvaggio delle stelline dei ''telefoni bianchi''. La sua immagine magra, sofferta, gli occhi mobili e la bocca sottile non vanno più d' accordo con i canoni estetici del momento, il cinema non ha più bisogno di lei proprio adesso che si era scoperta attrice, al di là dei cliché imposti dal mercato. Insieme alle prime delusioni professionali arriva il tracollo finanziario del marito, il produttore Alfredo Guarini; lei è già una ''ex diva''. Le sue apparizioni sul set (''Portiere di notte'' della Cavani, ''Lo chiameremo Andrea'' di De Sica) sono sempre più brevi e rare.
Negli ultimi anni dalla morte (avvenuta l’8 luglio del 1982) a chi andava a trovarla nel suo modesto appartamento romano non nascondeva una certa amarezza: ''Gli amici che mi restano- diceva spesso- non appartengono all'ambiente dello spettacolo. Alle relazioni sociali e alla vita mondana ho sempre preferito la famiglia''.
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Il 5 luglio nella storia
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