Nato a Dublino il 16 ottobre 1854, Oscar Fingal O'Flahertie Wills Wilde era figlio di un celebre oftalmologo che ebbe in cura, tra gli altri, la Regina Vittoria, e di una poetessa d’ispirazione byroniana, conosciuta sotto il nome di "Speranza". Fu educato in casa fino ai nove anni, poi studiò alla Portora Royal School e dal 1874 al Trinity College di Dublino dove, per i suoi lodevoli studi sui lirici greci, vinse il premio più alto della scuola. Riuscì quindi a vincere una borsa di studio per la frequenza alle lezioni in materie classiche al Magdalen College di Oxford. Gli anni trascorsi all'università di Oxford, dove studiò con passione i classici greci. Di questo periodo sono anche i viaggi: a partire dal 1875, ritenne importante la conoscenza dei luoghi dell'arte e della cultura classica italiana. Visitò pertanto Roma e la Grecia. Dopo la morte del padre (1876) ereditò una cospicua somma, che dilapidò però rapidamente, amante del lusso e della bella vita. Riuscì a pubblicare sette liriche e 13 poesie e dopo l’Università si trasferì a Londra, dedicandosi allo studio dell’archeologia. Cominciarono, anche, assidue frequentazioni di intellettuali che destarono i primi pettegolezzi sulla sua omosessualità.
Nel 1880, portò in scena l’Agamennone di Eschilo, e già aveva cominciato a stupire con le sue stravaganze: una volta, l’attrice Louise Jopling lo incontrò con un serpente attorcigliato al collo. Si compiaceva di essere noto, affermando, con falsa modestia, quanto fosse stato facile diventarlo. Dalla metà degli anni Ottanta, divenne collaboratore fisso per il Pall Mall Gazette, gestendo come autore anonimo una rubrica dal titolo The Poet's Corner. Intanto la madre, che lo aveva raggiunto a Londra, aprì un salotto culturale che divenne tanto noto da attirare l’attenzione del principe del Galles: «Non conosco il signor Wilde, e non conoscere il signor Wilde significa non essere conosciuti». Nel 1881, in occasione della pubblicazione del volume intitolato Poems, ricevette da alcuni critici le prime accuse di immoralità, nonché di inconsistenza e plagio. Non meno amareggiante fu la sua trasferta negli Stati Uniti: invitato come esponente del movimento estetico per un giro di conferenze, il soggiorno fu funestato da inimicizie e inconvenienti al punto che rischiò la prigione. Tornò in Europa e, dopo un lungo periodo a Parigi durante il quale decise di tagliare la sua folta capigliatura, tornò a Londra compiacendosi di non essere riconosciuto. Cominciò a progettare di sposarsi sia per sfuggire ai moralisti, sia per salvarsi dagli usurai. E nel maggio del 1881 conobbe Constance Lloyd: ne fu molto colpito perché sapeva leggere Dante in italiano. Si sposarono nel 1884 ed ebbero due figli. Nel contempo, però, iniziò la crisi del matrimonio. Amorevole con i figli, Wilde non aveva mai cessato di frequentare uomini.
Il 1888 è l’anno de ‘Il principe felice e altri racconti’, raccolta di fiabe scritte per i suoi due figli. Due anni dopo, è la volta de ‘Il ritratto di Dorian Gray’, opera che piacque tanto a sua madre, ma poco ai lettori, e destinata poi a diventare il best-seller assoluto dei classici moderni. Fecero seguito ‘Salomè’ e ‘L’importanza di essere Ernesto’, scritto ispirandosi ad Alfred Douglas, giovane uomo con il quale ebbe una storia d’amore tanto intensa, quanto sofferta. Fu con Douglas che Wilde cominciò a frequentare il giro della prostituzione maschile. Si trasferì addirittura in albergo per poter ricevere liberamente i suoi giovani amanti.
Il brillante fustigatore degli ipocriti costumi della Londra vittoriana si ritrovò così in grossi guai: sotto processo con sette capi di imputazione per ''indecenza grave''. Dandy esteta e anticonformista, repubblicano in una capitale iper-monarchica, aveva querelato un aristocratico che lo accusava di avergli irretito e sodomizzato il figlio. La querela si ritorse contro di lui: finì sul banco degli imputati e fu condannato al massimo della pena prevista per il reato di omosessualità, due anni di lavori forzati. Lo spavaldo scrittore (''Non ho nulla da dichiarare se non il mio genio'', aveva detto ai doganieri sbarcando a New York) vide nella dura condanna la vendetta della Londra filistea e non perdonò. Lo stesso giorno della scarcerazione, in precarie condizioni di salute, attraversò la Manica e riparò in Francia. Scrisse ancora qualche poema, ma ormai la sua musa si era inaridita. Morì a Parigi, per un'infezione a un'orecchio, nel 1900. La sua è tra le tombe più visitate del cimitero monumentale Pere Lachaise.
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Il 16 ottobre nella storia
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