Fino agli anni Sessanta c'era ancora chi, non soltanto in Italia, sosteneva che l'opera del pittore e scultore spagnolo Pablo Picasso era ''tutto un bluff''. Non si trattava soltanto di disinformazione sull'opera di uno straniero ma di ignoranza di ciò che era successo nell'arte negli ultimi cent' anni, perlomeno.
Oggi, che le opere di Picasso sono in molti edifici pubblici in tutto il mondo, è probabile che esista ancora chi ha tale opinione. ''Picasso è tutto un bluff''; ma allora anche la cultura moderna, anche la storia intera dell' uomo ''e' un bluff''. Perché è stato questo uno degli importanti contributi, delle straordinarie scoperte di questo artista proteiforme e di traboccante energia: rifare nella sua opera la storia dell'arte umana. ''La vita di questo grande artista - scriveva non molto tempo fa Salmon - non sarà abbastanza lunga per percorrere tutto il cammino che la sua opera illumina''. Dall'arte minoico - cretese agli affreschi pompeiani, all'arte murale catalana, dagli schemi dei circuiti elettronici alle maschere africane, alle immagini di Sebastiano del piombo, di Velasquez, di Piero della Francesca, letteralmente tutto è passato per le mani di Picasso, è stato letto, scomposto, restituito.
Nato a Malaga il 25 ottobre 1881, Pablo Picasso dimostrò giovanissimo le sue straordinarie doti di artista e suo padre, lui stesso pittore, rinunciò per questo alla propria arte. Quando Pablo infatti compì dieci anni, il padre solennemente gli faceva dono dei propri pennelli e della tavolozza. Allievo dell'Accademia di Barcellona, poi di quella di Madrid, Pablo compie il suo primo viaggio a Parigi nell' ottobre del 1900. Vi ritornerà sempre più spesso, stabilendovisi nel 1904. ''Les demoiselles d'Avignon'' il suo primo quadro dove appare l' influenza dell'arte africana, è composto nel 1907 dopo tormentati tentativi.
In tutti i ''periodi'' in cui la critica ha diviso la sua produzione (blu, rosa, degli arlecchini, cubismo, postcubismo, neoclassicismo, ecc.), attraverso le diverse manifestazioni delle forme, pur nella apparente diversità, è la mano di uno stesso artista, l'occhio di uno stesso personaggio, che si riconosce. Picasso non muta, si sottopone a metamorfosi, aggredisce - attraverso le nuove forme – la storia.
Come scrisse André Malraux, Picasso fu uno scatenato creatore di forme; e in un'opera colma di derisioni come la sua, seppe esprimere, ''in un' epoca senza sacro, il sacro''.
E’ un'arte quanto mai colta, la sua, anti-istintiva, proteica anche nei riferimenti, illeggibile (e giustamente) per chi non si assoggetti al percorso che l'artista ci indica. Nessuna lettura politica può spiegare ''Guernica'', nessun approccio istintivo può permettere la decifrazione dei collages, delle esperienze cubiste, delle apparentemente ''facili'' incisioni di nudi e minotauri, dei disperati ritratti; nessuna teoria può dar ragione della testa di toro costruita con una sella di bicicletta. Tutto sembra così facile, invece, tutto sembra così vicino - dalle ''Donne sulla spiaggia'' (una qualsiasi delle tante versioni) alla ''Capra'' alla ''Pesca notturna ad Antibes''. La vicinanza è ingannevole, è soltanto il riflesso della estrema padronanza del segno, della capacità dell' artista di rendere tutto ''naturale'', anche qualcosa di eminentemente antinaturale quale è l' arte.
La vita di Picasso coincide con il momento più alto della storia del secolo. I suoi ''amici''? Gli artisti che hanno fatto il nostro gusto, che appartengono alla nostra vita: Brague Derain, Matisse, Juan Gris, il ''doganiere'' Rousseau, Modigliani, Cocteau, Diaghiliev, Joao Mirò . I suoi ''equivalenti'' in altre arti? Forse soltanto Nijinshy, Stravinskij e James joyce. Non male per un ragazzotto di Malaga, che pur se personalente quanto mai coinvolto nella politica, non subordinò mai alla politica la propria arte.
Il grande dipinto ''Guernica'', commissionatogli dal governo repubblicano spagnolo, per denunciare la barbarie di un bombardamento su popolazioni inermi, e' soltanto secondariamente un grido contro la guerra. Anzitutto, è una composizione di piani, una divisione di spazi. Nell'ultimo dopoguerra, per i diversi congressi della pace, Pablo Picasso, che era comunista, disegnò il simbolo della colomba. Fece anche un ritratto di Stalin che non piacque ai funzionari del Cremlino, Picasso non entrò nella polemica di chi voleva farne un fatto politico, alzò le spalle, non restituì nessuna tessera, fino al giorno della sua morte continuò a essere ciò che era stato: un artista.
Il 25 ottobre nella storia
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