Festival della Letteratura Ebraica


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Foa, uno sguardo verso il futuro

'Nella trasmissione della Storia, il rapporto con l'altro è fondamentale. Nessuno fa una racconto di un frammento isolato, ma quella di un rapporto'

Anna Foa è professore associato di Storia moderna alla Facoltà di Lettere, Università di Roma la Sapienza, dal 2000. Specialista di storia sociale e culturale e di storia degli ebrei, ha pubblicato i volumi 'Ebrei in Europa: dalla peste nera all'emancipazione, Diaspora. Storia degli ebrei del '900' e 'Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti'.

Che ruolo ha lo storico nella trasmissione della storia alle  generazioni future, che non hanno conosciuto gli eventi, e soprattutto anche nella trasmissione del punto di vista dell’altro?
Lo storico ha un ruolo importantissimo: è lui che trasmette le domande che rivolge al suo momento storico e quelle che sono le risposte che gli vengono date. Stiamo soprattutto parlando di immagini. Quando si parla di storia si distingue tra le immagini che uno storico dà e quelle che dà un altro storico. Certo ci sono i documenti, però ciò che viene trasmesso è molto spesso un’immagine interpretativa. In questo, c’è il problema del rapporto con l’altro. Il rapporto con l’altro è fondamentale, nel senso che nessuno fa una storia di un frammento isolato, fa sempre la storia di un rapporto. In questo caso stiamo parlando dell'interpretazione che Morris dà del conflitto israelo palestinese. Morris in tutti i suoi libri ha raccontato eventi, fatti e anche interpretazioni e li ha offerti alla discussione pubblica. Il fatto che poi sia arrivato a pensare che tutto questo fosse (spostandosi nell'ambito dell’interpreazione politica più a destra, in una situazione come quella israeliana) assolutamente necessario, in qualche modo a giustificarla, a dire che non c'era nessun altra alternativa, questa è un'altra faccenda.

Storia e memoria sono fondamentali nella letteratura ebraica. Questo sguardo sempre rivolto all’indietro non rischia di impedire una nuova creativita’?
Dipende. Il passato è indispensabile anche per crearsi un’identità. La creatività degli ebrei tedeschi nel 900 è nata dal fatto che la loro identità veniva da una storia che costruivano come immagini di se stessi. Erano quello che era la loro storia e anche quello che interpretavano della loro storia. Mettiamoci anche un elemento di soggettività e di creatività. C’è un’ossessione, e c’è un fermarsi a ripetere ossessivamente, che può impedire l’uscita, la creatività. C’è una riflessione negli ultimi tempi su questo tema. Se il nostro modo di vedere tutto attraverso la lente della Shoa, anche la storia precedente e di stare dentro questa angosciosa cosa senza soluzione che è stato lo sterminio degli ebrei d’ Europa, è qualche cosa che porta in avanti o che ci impedisce di muoverci, che ci paralizza.

La letteratura può aiutare nella comprensione del conflitto?
Credo che letteratura, storia, memorie, lo studio, l’approfondimento, il fatto di far emergere le opinioni del passato come quelle del presente, e la differenza molteplice di immagini che ogni attore delle vicende dà, di se stesso e degli altri, sia un elemento assolutamente necessario per l’azione, un’azione che non sia filtrata attraverso le immagini. La letteratura israeliana ha creato un blocco di interpretazioni e di immagini, di storie. Ha reso familiare a tutto il mondo il mondo di Israele e anche tutti i suoi drammatici problemi.

Come giudica la situazione attuale in medio oriente alla luce della vittoria della destra in Isreale e dall’altra parte della vittoria di Obama con tutte le aperture che potrebbe rappresentare?
Non lo so. Quando è stato eletto Obama ho sperato. Ho la sensazione che si continui a restare fermi. Spero che non sia cosi ma non riesco ancora a vedere degli sbocchi, delle vie d’uscita. Forse questo è il pessimismo che prende anche i più ottimisti nel corso della loro esistenza. (C.T.)