di Maurizio Iorio
Quando è nato, Michael Bublè, il 9 settembre del 1975, ancora non sapeva che a trent’anni sarebbe diventato vecchio. Il vero vecchio di famiglia dell’epoca, Demetrio Santegà, nonno del piccolo Michael, che grazie a lui ha il 50% di sangue italiano nelle vene, gli fa ascoltare i Mills Broters, un gruppo vocale attivo dagli anni ’30 fino ai ’70. E’ il classico colpo di fulmine. “Ho avuto una specie di illuminazione” – ha detto Bublè al riguardo. “E’ stato come se il mio futuro si fosse materializzato all’istante. E’ allora che ho capito che da grande avrei voluto fare il cantante, e che quella sarebbe stata la mia musica”.
Promessa mantenuta. Bublè rispolvera il sound post-bellico che aveva fatto la fortuna di gente come Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis jr e, aiutato da corde vocali di prima scelta, si inventa la formula per salire, senza neanche faticare troppo, sulla scala che porta al successo. Che, peraltro arriva immediato. Tredici milioni di copie vendute dei primi tre album ne sono una dimostrazione tangibile. La formula, semplice semplice, è quella di togliere la patina opaca da vecchi evergreen ossidati, tirarli a specchio, e riproporli ad una platea di pubblico praticamente sconfinata. Non è semplice diventare l’idolo di mamme e figlie contemporaneamente, generazioni normalmente antitetiche, e Bublè c’è riuscito senza sforzo apparente. “Crazy love”, il suo quarto album, pubblicato da poco, non dice nulla di nuovo per quanto riguarda la formula, invariata e vincente. La perfeziona solamente. Più organica, più brillante, più personale. Il Bublè perfettino del passato lascia il posto a quello che un po’ sporca, che reintepreta oltre che rileggere, che lucida senza patinare, che strizza l’occhio senza essere ruffiano.
Fra le 14 canzoni molti i classici, a cominciare dalla “Giorgia on my mind” del duo Carmichael-Gorrell, qualche brano autografo, e alcune splendide covers: Van Morrison (la title track), che gli porta fortuna (la Moondance degli esordi), oltre che Carole King (Some Kind Of Wonderful) e gli Eagles (Heartache Tonight). Insomma, novità poche, ma certezze tante.