Clima, il mondo guarda a Copenhagen


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Dissensi tra i ricchi e gli emergenti

Il nodo dei finanziamenti ai tagli. Gli obiettivi dei Paesi industrializzati. Le offerte delle nuove potenze n

Al nastro di partenza a Copenaghen le posizioni dei Paesi ricchi, principali inquinatori di lunga data, contrastano fra loro e con quelle dei Paesi di nuova industrializzazione, inquinatori emergenti ma ultimi arrivati.

A fronte di impegni ambiziosi da parte dell'Unione europea e del Giappone, le posizioni statunitense, canadese e australiana appaiono più sfumate.

E fanno discutere le offerte di Cina e India, che legano le riduzioni di gas serra alle unità di Pil prodotto (meno crescita = meno tagli) e di Mosca, che sfrutta il crollo dell'inquinante industria sovietica per limitare gli sforzi.

Un nodo di forte contrasto è quello legato ai finanziamenti dei tagli ai gas serra, economicamente costosi anche e soprattutto nei Paesi poveri.

Il Terzo mondo guarda alle economie industriali, prime responsabili dell' inquinamento, e presenta loro il conto. Con l'appoggio di Cina e India, chiede fondi e assistenza tecnologica.

In agenda a Copenaghen c'è un piano da 10 miliardi di dollari annui, a partire dal 2012, per aiutare i Paesi poveri ad affrontare la sfida. La cifra è però ritenuta da questi insufficiente, e si rischia uno scontro sulla ripartizione degli oneri fra i Paesi ricchi.

Gli obiettivi dei Paesi industrializzati
UNIONE EUROPEA
Il terzo inquinatore mondiale (12% del totale) aspira a un ruolo guida e offre una riduzione del 20% entro il 2020, estensibile al 30% a fronte di un accordo globale ambizioso. Chiede però anche ai Paesi poveri riduzioni consistenti delle emissioni, offrendo aiuti e tecnologie per l'efficienza energetica e le energie "pulite".
STATI UNITI
Per la prima volta fissano riduzioni concrete, il 17% nel 2020 rispetto al 2005, ma si oppongono a un accordo legalmente vincolante. In realtà, i tagli promessi dal secondo inquinatore mondiale (15% del totale) equivalgono al 4% rispetto al 1990. Sempre che il Senato approvi il piano di Obama.
GIAPPONE
Offre tagli del 25% entro il 2020 rispetto al 1990, ma solo se si raggiungerà un accordo ambizioso. Chiede sforzi anche ai Paesi poveri, impegnandosi a crescenti aiuti economici e tecnologici per realizzarli. E vuole obiettivi precisi da ogni Paese.
RUSSIA
E' pronta a riduzioni del 25% sul 1990, ma approfitta del forte inquinamento industriale di allora. Ri- spetto al 2005 le emissioni cresceranno
AUSTRALIA
La proposta di tagli fino al 25% è stata bocciata dal Parlamento.
CANADA
Offre riduzioni del 20% entro il 2020, ma non vuole impegni vincolanti.

Le proposte delle potenze emergenti
CINA
Il primo inquinatore mondiale (20,7% del totale di emissioni di gas serra) offre una riduzione entro il 2020 del 40-45% dell'"intensità carbonica", una misura legata al Pil, rispetto ai valori del 2005. Ma condiziona l'impegno a una riduzione del 40% da parte dei Paesi ricchi, chiedendo loro di destinare l'1% del proprio Pil annuo in aiuti per i Paesi poveri. Nella pratica, l'entità delle riduzioni dipenderà dalla crescita dell'economia e non ci sarà un "tetto" complessivo massimo di emissioni di gas serra. Si calcola che le emissioni cinesi continueranno ad aumentare, ma a un ritmo più lento di quello attuale.
INDIA
Anche New Delhi offre riduzioni dell'"intensità carbonica", pari al 20-25% entro il 2020. E' però contraria a fissare obiettivi vincolanti, tranne che per i Paesi ricchi, e al dimezzamento delle emissioni globali nel 2050. E sottolinea che l'inquinamento pro capite indiano resta molto basso.
BRASILE
Riduzione "volontaria" del 36-39% entro il 2020, soprattutto contrastando la deforestazione amazzonica. In cambio chiede ai ricchi l'impegno a finanziare le riduzioni nei Paesi poveri.
MESSICO
Dimezzare le emissioni entro il 2050, ma solo dietro tecnologie e fondi adeguati da parte dei Paesi ricchi.