di Sandro Calice SHERLOCK HOLMES
di Guy Ritchie. Gran Bretagna, Usa 2009 (Warner Bros. Italia)
Robert Downey Jr., Jude Law, Rachel McAdams, Mark Strong, Eddie Marsan, Kelly Reilly, James Fox, Hans Matheson, Robert Stone, Robert Maillet, William Houston.
Prendete il berretto per la caccia ai cervi e il tormentone “Elementare Watson!” e dimenticateveli. Uno Scherlock Holmes così non l’avete mai visto. Ed è probabilmente la versione più fedele portata sul grande schermo del personaggio inventato da Sir Arthur Conan Doyle.
Nella Londra del 1890 Sherlock Holmes (Downey Jr.) è un investigatore privato geniale e sregolato. Una straordinaria capacità di osservazione, una profonda cultura scientifica, una ferrea logica deduttiva e anche la sua abilità nel menare le mani, lo rendono quasi infallibile nella caccia ai criminali. Insieme al collaboratore e amico dottor John Watson (Law), veterano di guerra e “anima” razionale del duo, Holmes sta indagando su una serie di omicidi rituali e arriva giusto in tempo per impedire l’ultimo e arrestare il killer: Lord Blackwood (Strong). Poco prima dell’impiccagione, però, Blackwood, che vanta poteri soprannaturali, avverte Holmes che tornerà dalla tomba per portare a termine un piano diabolico, di cui l’investigatore stesso è una pedina. Holmes e Watson si troveranno a dover sventare un complotto mortale nel quale entrano Scotland Yard e donne pericolose, in una Londra magica e tecnologica, facendo affidamento sulla loro mente e sui loro pugni.
Ritchie, che più si allontana dal suo divorzio più recupera creatività, vince la scommessa di reinventare un personaggio entrato nell’immaginario collettivo con ormai troppe granitiche certezze. In realtà il regista torna alle origini di Holmes, sviscerando i 4 romanzi e i 56 racconti di Conan Doyle e “scoprendo” che l’investigatore non era propriamente e solamente un intellettuale con un originale copricapo, ma anche uno scienziato, un suonatore di violino, un esperto praticante di arti marziali e boxe, abile nella lotta col bastone e con la spada, un genio che si deprimeva quando non c’erano sfide all’altezza del suo intelletto, un eclettico dandy perfettamente a suo agio nell’alta società come nei bassifondi della città. Per dirla con gli autori, un supereroe ante litteram. Lo stesso dicasi di Watson: colto, intelligente, bello, giovane, indurito e forgiato alla lotta dalla guerra in Afghanistan. Insomma, non proprio il “bassotto” un po’ sovrappeso e spesso ingenuo che tanti film ci hanno consegnato. Vincente, dunque, la scelta e la prova degli attori, Downey Jr. su tutti, e splendida la ricostruzione della Londra dell’epoca, una città al culmine del suo progresso e della sua creatività. Stilisticamente il film ricorda ambientazioni e riletture di “supereroi” moderni come “Van Helsing” e “La leggenda degli uomini straordinari”, ma con più sostanza. Qualche leggerezza (o presunzione) di sceneggiatura, con passaggi eccessivamente didascalici e alcune “macchiette” esasperate, affievoliscono la positività del giudizio. Ma il personaggio è ormai destinato a rimanere.