BANGKOK DANGEROUS – IL CODICE DELL’ASSASSINO

di Sandro Calice

BANGKOK DANGEROUS – IL CODICE DELL’ASSASSINO
di Danny Pang e Oxide Pang. Usa 2008 (Eagle Pictures)
Nicolas Cage, James With, Charlie Young, Shahkrit Yamnarm, Panward Hemmanee, Namngen Boonnark, Nirattisai Kaljaruek, Dom Hetrakul.

Se la fantasia scarseggia, si può impacchettare il prodotto come meglio si crede, ma alla fine si nota. “Bangkok dangerous” è il remake dell’omonimo film del 1999 diretto dai fratelli Pang, che qui tornano dietro la macchina da presa per raccontare (più o meno) la stessa storia, puntando sul nome di Nicolas Cage come protagonista.

Joe è un killer spietato e infallibile che arriva a Bangkok per assassinare quattro importanti persone su commissione del boss criminale Surat. Nessuno conosce o ha mai visto di persona Joe. Per questo appena arrivato il killer recluta un ladruncolo di strada, Kong, che svolgerà le commissioni per lui. Joe è abituato a lavorare con meticolosità, puntualità e freddezza. Ma quel mondo così diverso dal suo comincia a influenzarlo. Prima Kong si dimostra bravo ma indisciplinato, creandogli problemi. Poi, inaspettatamente, viene folgorato da un incontro con una donna bella e muta e si trova senza volerlo a dover trasgredire alle sue regole di discrezione. Sarà un crescendo, fino a quando decide di applicare l’ultima delle quattro regole della sua vita: “Capisci quando è il momento di lasciare”. Peccato che proprio in quel momento Surat abbia deciso di sbarazzarsi di lui.

Il film del 1999 era un thriller dark su un killer sordomuto e il suo apprendista, che fece conoscere i fratelli Pang e vinse il premio della critica al Festival del cinema di Toronto. Rifatto praticamente uguale, quanto a soluzioni di regia, a distanza di 10 anni, lascia il tempo che trova. Non c’è nemmeno il fascino del killer muto, handicap sostituito dalla difficoltà di comprendere la lingua da parte di Joe (come “omaggio” all’originale qui è muta la donna di cui Joe s’innamora, ma non è la stessa cosa). Il senso di alienazione che si voleva restituire calando uno straniero in una terra sconosciuta pervade purtroppo l’intera figura del protagonista (complice una recitazione di Cage al solito non memorabile), fino al finale che sembra quasi forzato. Buona, anche se non originale, la fotografia, che tranne alcuni passaggi è livida, come di metallo annerito, adeguata alla storia.