AMABILI RESTI

di Sandro Calice

AMABILI RESTI

di Peter Jackson. Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Usa 2009 (Universal Pictures)
Rachel Weisz, Mark Wahlberg, Saoirse Ronan, Susan Sarandon, Stanley Tucci, Michael Imperioli, Amanda Michalka, Nikki SooHoo, Reece Ritchie, Andrew James.

Se stare insieme è impossibile, il vero gesto d’amore è lasciar andare l’altro. Peter Jackson (Creature del cielo, Il Signore degli anelli, King Kong) prende l’omonimo best seller di Alice Sebold e ne fa un film onirico, ondivago, duro da vedere per chi ha dei figli.

Susie Salmon (Ronan) è un’adolescente di 14 anni che vive con la famiglia a Norristown, Pennsylvania. E’ lei che ci racconta questa storia, anche se non è più di questo mondo. Susie infatti viene stuprata e assassinata un pomeriggio di dicembre del 1973 mentre torna a casa da scuola. Il suo assassino è Mr Harvey (uno splendido Stanley Tucci), un uomo dall’apparenza mite che costruisce case per bambole e abita vicino ai Salmon. Susie però non vuole morire, non definitivamente almeno. E il suo spirito resta “intrappolato” nel Cielo, una sorta di Limbo, un’anticamera del Paradiso per chi non riesce a staccarsi dalla vita terrena. E’ un mondo plasmato dallo sguardo e dalle emozioni della ragazza, con campi di grano che diventano oceani, il gazebo dove avrebbe dovuto incontrare il ragazzo di cui era innamorata, gli oggetti che erano importanti per il padre. E proprio il padre, Jack (Wahlberg), è quello che sente di più la presenza della figlia, che la cerca negli specchi, nella fiamma delle candele, nei chiarori della notte. Susie assiste impotente al disfacimento che la sua morte ha portato nella famiglia e al fatto che Harvey la farà franca e che sicuramente ucciderà ancora. Ma guidata da Holly, una bambina che come lei abita nel Cielo, imparerà una lezione fondamentale.

Il film si regge molto sulla potenza evocativa delle immagini, dallo sguardo (incredulo, dolcissimo, impaurito, innamorato, disperato, vendicativo) di Saoirse Ronan (Espiazione) alla rappresentazione del Limbo affidata agli effetti speciali di Rivers e Letteri, della celebre Weta Digital (quella di Avatar). La durezza del tema e la costruzione del racconto, un thriller emotivo secondo Jackson, aiutano il coinvolgimento dello spettatore. L’incanto, però, viene smorzato dalla sceneggiatura, sospesa, spezzettata, a tratti ripetitiva. Se lo sguardo di Susie e quello dello spettatore dovevano coincidere, l’operazione è riuscita a metà.