di Massimo Halasz
Avete mai pensato di accendere la televisione e godervi in poltrona la partita della vostra squadra del cuore? Fin qui tutto normale, in quanto chissà quante volte lo avete fatto, magari in compagnia degli amici. Avete mai pensato,però, ad usufruire di questa offerta senza sborsare un euro? E se poi aggiungiamo che questo servizio la paga lo Stato, voi che ne dite? No, non abbiamo le traveggole, né stiamo raccontando delle favole.
Tutto ciò avviene in Argentina. Un passo storico, decisamente politico ed imprevedibile che si materializza lo scorso agosto, quando il campionato rischia di saltare per gli ingenti debiti delle società (130 milioni di euro, 55 dei quali di imposte non pagate allo Stato). Il Governo, in crisi di popolarità e con lo spettro dei gravi motivi di ordine pubblico che avrebbe provocato il fermo del campionato, decide con un colpo di teatro di scindere unilateralmente il contratto per i diritti televisivi con Tsc siglato nel 1987 e rinnovato fino al 2014 (circa 50 milioni di euro annui) . Contestualmente decide di versare all’Afa (la federazione argentina-ndr) 110 milioni di euro annuali, attraverso una società mista (Stato-Afa) che ha il compito di commercializzare i diritti televisivi: In pratica più del doppio che pagava la Tsc, una società suddivisa in parti uguali tra una impresa con capitali statunitensi ed il gruppo editoriale Clarin, strenuo avversario del Governo Kirchner. Il ricorso a questa società mista si rende necessario,in quanto lo statuto della Fifa proibisce l’intervento governativo nel calcio. Lo Stato può così giustificare questo versamento come una sorta di canone per i diritti tv.
La nazionalizzazione dei diritti televisivi porta alla rescissione di centinaia di migliaia di abbonamenti con la pay tv Torneosy Competencias (legata al gruppo Clarin) , la quale in un solo colpo si vede privare di milioni di euro. A beneficiarne, invece, milioni di tifosi, i quali dal venerdì alla domenica possono vedere liberamente e senza pagare ogni sorta di partita. L’unica condizione posta dall’Afa è che River Plate e Boca Juniors,ovvero le due squadre più famose in Argentina, abbiano un orario “privilegiato”.
Ed in Italia? Una situazione del genere è davvero improponibile. E basta guardare il prospetto per rendersene conto, visto che le risorse complessive della serie A passeranno da 652 milioni di euro con mutualità (2007-08) ai 900 milioni lordi (ipotesi 2010-11). Ovvero cinque-sei volte più di quanto riceveranno le società argentine. Ma anche da noi il calcio è in crisi e piange miseria, a causa degli ingenti debiti. Ed i grandi club non hanno certo fatto salti di gioia con l’approvazione della legge Melandri (diritti tv collettivi,ovvero attraverso la Lega), in quanto avrebbero preferito gestirseli in maniera autonoma. Nel frattempo gli abbonamenti alle pay tv sfiorano i 5 milioni e ciò sta a significare che, nel sistema mediatico, le partite rappresentano uno spettacolo. E questo aumento di abbonati non significa una diminuzione di spettatori allo stadio, visto che secondo le statistiche della Lega Calcio dopo la settima giornata di ritorno si contano 24.559 presenze a partita. Nello stesso periodo dello scorso anno le presenze erano 24.167, rispetto alle 22.936 di due stagioni addietro. Dunque un leggero, ma significativo aumento, a testimonianza che il calcio in Italia, sia visto in televisione che in misura minore allo stadio, continua a produrre ricchezza, la maggior parte della quale però va a beneficio di giocatori e tecnici.
LE OPINIONI:
Settimio Aloisio: Il calcio gratis in tv non ha allontanato i tifosi dallo stadio
Giuseppe Marotta: realtà diverse per ragioni sociali e istituzionali