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Marotta: realtà diverse per ragioni sociali e istituzionali

La legge Melandri ha cambiato le regole marotta_giuseppe_296

Giuseppe Marotta, amministratore delegato della Sampdoria nonché membro della commissione studi diritti tv della Lega Calcio, è sicuramente uno dei dirigenti più apprezzati del panorama calcistico internazionale. A lui ci siamo rivolti per conoscere un parere,ma soprattutto per un confronto tra la realtà argentina e italiana.

“La prima differenza che mi viene in mente è data dalle differenti ragioni sociali-spiega Marotta-.Se in Italia le società di calcio sono spa ed hanno obblighi contabili ben precisi, in Argentina sono semplici società sportive. Personalmente ho potuto riscontrare questa importante diversità in alcune operazioni di calciomercato,dove i dirigenti dei club argentini sono spesso proprietari del cartellino dei calciatori, che costituiscono per loro (o per le agenzie-multinazionali che ne possiedono i diritti sportivi e d’immagine) degli autentici investimenti. Un’altra rilevante differenza è sicuramente di carattere socio-istituzionale, dal momento che lo stato argentino,come molti stati sudamericani, può permettersi di interferire su questioni che in Europa difficilmente sono sindacabili. In questo caso,ad esempio, l’Afa (la Federazione Argentina-ndr) si è mossa dopo il voto unanime del suo esecutivo (organo che comprende tutti i 20 club della massima divisione ed alcune società delle categorie minori) e si è permessa di annullare un contratto in essere fino al 2014 con Tsc, la quale ha presentato ricorso. In questo frangente lo stato argentino,che avrebbe dovuto tutelare i diritti di Tsc, ha appoggiato l’Afa, creando una società congiunta, cui ha conferito una sorta di canone annuale di 110 milioni di euro,ovvero più del doppio dei circa 50 milioni di euro garantiti dal contratto con Tsc. Riguardo alla Fifa, di cui il presidente federale argentino Grondona e vicepresidente, ritengo che dovesse prendere una posizione a tutela della Tsc e non dell’Afa.

Ritornando in Italia e, riprendendo il discorso delle differenze socio-istituzionali, ritengo opportuno sottolineare come l’ingresso della legge Melandri, ampiamente dibattuto in Federcalcio e Lega prima ed in Parlamento e Senato poi, abbia introdotto delle modifiche senza interferire sui contratti in essere stipulati dai club con le rispettive emittenti tv. Sulla bontà della legge credo di essere stato molto esplicito, tanto che la battaglia per il ritorno a modalità collettive di vendita e ripartizione dei diritti media è stata combattuta in prima linea dall’Uc Sampdoria con lo speciale coinvolgimento del presidente Garrone”.