Rossi e gialli, contrasti thailandesi

La democrazia messa a dura prova d

Paralizzare Bangkok nel prossimo fine settimana, con una manifestazione "di portata storica". E' la sfida dei sostenitori dell'ex premier thailandese,Thaksin Shinawatra, deposto nel settembre 2006 con un colpo di Stato incruento,ma rimasto saldamente nel cuore delle classi più disagiate.

Dal giorno del golpe Thaksin, ritenuto l'uomo più ricco della Thailandia e padre di importanti riforme sociali, è vissuto per lo più all'estero. Recentemente, un tribunale lo ha condannato in contumacia a due anni di reclusione per corruzione, confiscandogli i due terzi del suo patrimonio.

Le "camicie rosse"non sono nuove a proteste plateali. Giorni fa, hanno fatto il giro delle tv di mezzo mondo le immagini del loro sangue,versato simbolicamente davanti ai palazzi del potere. Gli oppositori chiedono che il primo ministro Abhisit Vejjajiva, al potere dal dicembre 2008, sciolga il Parlamento e indica nuove elezioni.

Dopo essersi a lungo negato a ogni confronto, Abhisit ha ammesso che nel Paese c'è una spaccatura e ha accettato di avviare trattative con gli oppositori. Ma secondo gli analisti, le possibilità che le richieste dei seguaci di Thaksin vengano accolte sono pressoché nulle.

Una protesta fin qui pacifica
Le proteste si sono finora svolte in un clima pacifico, ma la possibilità di scontri rimane sempre in agguato. Il governo, che oltre alla maggioranza parlamentare conta sull'appoggio dell' esercito, ha interesse a contenere le manifestazioni, in modo da non inficiare l'immagine della Thailandia all'estero, compromettendone la florida industria turistica.

Attualmente è in vigore un decreto che, in nome della sicurezza, consente alle forze dell'ordine di imporre in ogni momento il coprifuoco, allestire posti di blocco e limitare la libera circolazione delle persone.