A Roma la festa della lettura

'Dietro le quinte' del libro. Intervista a Marino Sinibaldi r

di Raffaella Miliacca

Da quest’anno anche Roma ha la sua fiera del libro. Dal 25 al 28 marzo, presso l’Auditorium Parco della Musica, si tiene Libri Come – Festa del Libro e della Lettura. L’evento si aggiunge a quelli dedicati al libro già presenti nella capitale, come il Festival delle Letterature e la Fiera della piccola e media editoria, a conferma, come sottolineato dall’assessore alla Cultura Croppi presentando la manifestazione, della crescita della domanda di libri: nell’ultimo anno Roma ha registrato un aumento di lettori pari al 2%, in controtendenza rispetto al dato nazionale.

L’iniziativa, ideata da Marino Sinibaldi, è organizzata dalla Fondazione Musica per Roma, in collaborazione con il Centro per il Libro e la Lettura. Sarà “una quattro giorni” alla scoperta del libro come risultato di un processo che coinvolge diversi attori, a partire da come si scrive, come si stampa, come si pubblica, come si vende, fino a come si legge.

Grandi scrittori incontrano il pubblico, da Boris Pahor a Dario Fo, da Abram Yehoshua a Erri De Luca, da Irvine Welsh ad Andrea Camilleri, da Muriel Barbery ad Alberto Arbasino, solo per citarne alcuni. Da loro si parte per indagare la filiera del libro: l’ispirazione, la creazione, la scrittura, la traduzione, l’editoria, il lettore. 350 gli autori presenti, circa 150 gli appuntamenti, disseminati tra conferenze, “lectio magistralis”, laboratori, tavole rotonde., circa 60 le case editrici coinvolte.

Motore e cuore di Libri Come è il Garage, oltre 2000 metri quadrati di spazio articolato in cinque sale, tutte arredate di carta e divise in altrettante aree tematiche: Fiction, Giallo, Nonfiction, Dams, Bambini e Ragazzi. E poi mostre, una maratona letteraria dedicata a J.D. Salinger, recentemente scomparso, e un omaggio ad Alberto Moravia, lo scrittore romano del quale ricorrono quest’anno i venti anni dalla morte.

“Lo slogan di questo festival è ‘Spostare l’attenzione dal cosa al come’, dal contenuto dei libri a come vengono scritti, pubblicati, letti. Questo corrisponde a due cose, andare più vicino alla realtà del libro e al cammino che fa, e avvicinare il lettore al libro”, ci dice Marino Sinibaldi. “L’interazione tra chi legge e il libro è molto più sfaccettata e piena di cose di quanto immagini l’editoria. Vorrei poter indagare tutte queste modalità, che sono forme di curiosità, identificazione, proiezione, attese”.

Quindi meno fiera e più festival? Con un coinvolgimento maggiore del lettore?
“Le due cose non si escludono. La festa avrà infatti due spazi che non sono così divisi, tantomeno gerarchicamente. Uno è quello delle grandi sale, dove gli scrittori faranno le loro conferenze. L’altro è come un enorme hangar, il Garage. E io immagino che tra i due ci sia continuità, come di un passaparola. Gli incontri del Garage sono molti e molto diversi: scrittori che raccontano per un’ora il loro libro, gruppi che parlano di un genere letterario, appuntamenti che hanno a che fare con i mestieri che stanno intorno al libro o con la formazione del lettore. Non vorrei che si creasse una gerarchia, da una parte Camilleri e il piccolo scrittore nel Garage. Gerarchia che io rovescerei proprio: Camilleri esiste perché esiste questo brusio, questo desiderio di lettura, queste forme diverse che si vedono proprio in questa specie di hangar”.

Dal libro si spazia ad altre forme di scrittura, ai blog, al cinema. Complementari al libro o del tutto diverse?
“Nel caso del cinema c’è complementarità. E’ una delle tante relazioni tra libro e lettore. In genere, quando esce un film, quel titolo in libreria risale le classifiche. Questo viene visto con un po’ di fastidio. Sembra quasi impuro che si legga il libro perché si è visto il film, inoltre, il mondo dell’editoria si sente un po’ umiliato dal fatto che dopo il film si venda il triplo, nonostante tutte le campagne pubblicitarie fatte prima. A me sembra comprensibile che chi ha visto il film voglia poi leggere il libro. La vera sfida di questo festival è dimostrare che la lettura è un fatto plurale, relazionale, quotidiano, fatto di elementi alti, bassi, ‘banali’”. “Il blog , invece, è una modalità di scrittura e lettura a metà tra il giornale e il libro. Però ha già a che fare con cose più strutturate, tanto che cominciano ad uscire libri nati dal blog”.

Manifestazioni come questa catturano il non lettore? Non sarebbero più utili iniziative più decentrate, sul territorio, nelle biblioteche, nelle scuole?
“Questo problema esiste. Certo, è più facile ottenere finanziamenti per cose come queste che per le biblioteche, perché non c’è un ritorno. Intanto, quello che noi possiamo fare per catturare il non lettore è dare del libro un’idea diversa, renderlo popolare, cercando di togliere quegli elementi di sacralità, di reverenzialità polverosa che ci sono intorno. Certo, per superare la distanza tra lettore e non lettore non basta una manifestazione come questa. Penso che siano fondamentali le politiche di promozione e formazione alla lettura. Un festival, però, può contribuire offrendo un accesso alla lettura, mettendola in relazione con la quotidianità, dare della lettura un’idea accogliente”.