di Rita Piccolini
E' nel 1997 che Malcom Gladwell, studioso dei mutamenti sociali, conia il termine Cool Hunter. L'individuazione di questa nuova figura professionale avviene dopo l'osservazione dei mutamenti dei grandi "brand". Da quel momento tutte le testate americane cominciano a parlare di questi eclettici professionisti. Nel Nel 2001, tramite "No logo" di Naomi Klein i cacciatori di tendenze approdano anche in Italia.
Ma chi sono in realtà? Sono persone con particolari doti intuitive che, passando al setaccio ogni angolo delle città, riescono a predire quali saranno le tendenze e i prodotti di successo del futuro prossimo. Sempre alla ricerca delle novità fanno emergere qualcosa che già esiste, ma non è ancora un bisogno.
Cosa sarà di moda? Quali le nuove tendenze? I "cacciatori" osservano e documentano. Raccolgono foto, volantini, programmi di mostre e concerti, gadget. Si muovomo dal centro alla periferia, o viceversa. Si spostano dai posti più noti ai mercatini di quartiere. Osservano gli artisti, i giovani, le persone comuni, gli immigrati. Poi elaborano e sembrano suggerirci che la creatività è "circolare", ne siamo condizionati e la condizioniamo.
Quanto la moda ci condiziona nel vestire, nel costruire anche inconsapevolmente la nostra immagine, o quanto invece siamo noi, protagonisti della vita nelle grandi città, a contatto e influenzati dagli apporti delle diverse culture con cui ci confrontiamo ogni giorno a influenzare la moda?La domanda si ripropone dopo le ultime creazioni dei grandi stilisti presentate alle settimane del pret à porter sia a Milano che a Parigi: donne sofisticate che sono ormai abituate alle contaminazioni culturali e a piene mani utilizzano quello che vedono intorno a sé. Alcuni esempi: la donna multi etnica di Gaultier che sfila indossando caftani, o ampie gonne ispirate alla tradizione russa o greca, i copricapo tibetani; la donna di Yves Saint Laurant , con rigorosi copricapo neri lunghi fino alle spalle a ricordare le donne islamiche.
E ancora: il modo di vestire dei giovanissimi, con i piumini incollati addosso, è stato certamente condizionato dallo Sportwear , ma i piumini da sera impalpabili e sofisticati riproposti nelle sfilate di Milano (ricordate i piumini ultraleggeri di Scervino?) non prendono forse spunto dall’esigenza di indossare capi pratici, leggeri, caldi, giusti per tutte le occasioni a cui una donna che vive il suo tempo non può rinunciare? E come non pensare al “military style” che sarà un vero e proprio must dell’estate? (Lo hanno proposto da Emporio Armani a Celine, da Blumarine a Dior, e Kenzo, Prada, Paciotti, Bulgari…). Ma lo stile militare esiste almeno dagli anni ’70, i giovani compravano nei mercatini dell’usato camicie, giacche e pantaloni militari, non tanto per inneggiare alla guerra, ma per contestarle e essere trasgressivi. La loro scelta ha fatto tendenza. Alcuni capi quindi diventano trendy. Ma cosa si intende con la parola tendenza, chi decide cosa è trendy? E’ possibile prevedere alcune tendenze e anticiparle?
Sì, esistono i cacciatori di tendenze, “cool hunter” li definiscono nel mondo anglo-sassone, in grado di individuare quali trend caratterizzano i diversi contesti socio-culturali e quali sono i messaggi che vengono comunicati attraverso i beni di consumo. Persone insomma che progettano il futuro perché lo percepiscono nel presente e lo colgono nella sua essenza. E questo non vale solo per la moda, ma anche per il design e per gli oggetti di cui ci circondiamo e con i quali stabiliamo in qualche modo una relazione.
Ma chi sono i cacciatori di tendenze? Ce lo spiega Valentina Ventrelli, esperta di moda e ricercatrice di Future Concept Lab, un istituto di ricerca e Consulenza che opera a livello internazionale nel mondo del marketing per l’elaborazione e la previsione di tendenze. Collabora anche come docente esterno con la Bocconi , il Politecnico di Milano, la Domus Academy.
"Sono nuove figure professionali il cui ruolo è a volte frainteso. Quelli che lavorano per il nostro istituto, che ha una matrice sociologica, fanno parte di un osservatorio che opera da 15 anni con persone che collaborano da diverse 40 città nel mondo, raccontando tutto ciò che si muove a livello artistico e culturale nell’area in cui operano. Forniscono report sulle mostre, sugli eventi culturali e artistici, sugli appuntamenti relativi al mondo della moda e del design".
Che peso hanno nel mondo della moda?
"Un peso importante perché quello della moda è a volte un mondo chiuso, avvitato su se stesso e per questo in crisi. La gente è condizionata spesso più da quello che vede nei film piuttosto che da quello che viene proposto in alcune sfilate. I grandi stilisti sanno trarre ispirazione da queste persone, anche se forse non lo ammetterebbero".
In una recente intervista Gillo Dorfles, il grande critico che tra pochi giorni compirà 100 anni, ci racconta che il design, in Italia, nasce per merito di architetti chiamati a Ivrea da Olivetti, che all’inizio disegnano anche mobili. La consapevolezza arriva dopo. Ora invece siamo al punto che per la moda e il design scendono in campo anche i cacciatori di tendenze. L’atto creativo non è più così originale?
"C’è una circolarità. La creatività è un progetto circolare. La moda condiziona noi, noi condizioniamo la moda. Per molti anni gli stilisti sono stati un faro. Ora però abbiamo imparato a comprare, a scegliere. C’è un progetto individuale. Entra in scena il gioco. Non c’è più una regola fissa: la gonna corta o la gonna lunga, la giacca sì, la giacca no. Ognuno interpreta. Ci sono poi oggetti di culto che hanno un ruolo iconico. Ma non ci sono più dictat e c’è sempre comunque un grande bacino da cui attingere".