Nove Mondiali, 103 vittorie, 164 podi. Questi i numeri di Valentino Rossi (a parte il 46 che sfoggia sulla moto) alla vigilia del campionato 2010. Che sarà il 15° della carriera del ‘dottore’. Una carriera votata a inseguire i record e che, strano a dirsi, per ora può vantare solo quello di podi. Le 123 vittorie di Giacomo Agostini sono al sicuro per almeno un altro anno (i Gp in calendario nel 2010 sono 18…), i suoi 15 titoli chissà per quanto altro tempo. Ma per il trentunenne di Tavullia c’è la possibilità di arrivare alla doppia cifra iridata.
Allo start di Losail, in Qatar, l’unica cosa certa è che tutti gli altri dovranno inseguire la sua Yamaha, la moto su cui ha vinto quattro titoli iridati nella classe regina. A partire da Pedrosa e Stoner, gli avversari più coriacei del 2009 (anche se l’australiano ha accusato un infortunio che gli ha fatto saltare tre gare). Passando per Nicky Hayden, che nel 2006 gli ha portato via il titolo chiudendo a cinque la sua striscia di mondiali consecutivi. Fino a giungere ai nuovi (o quasi nuovi) frequentatori della MotoGp: il texano campione della Superbike, Ben Spies; il re dell’ultimo Mondiale 250, Hiroshi Aoyama; Marco Simoncelli, Hector Barbera, Alvaro Bautista, tutti ‘promossi’ dalla classe intermedia.
L’impressione dei test invernali è che il binomio Rossi-Yamaha funzioni ancora. Come dire che per chiunque sarà un’impresa eroica guadagnare strada. Tanto che c’è chi guarda al futuro, sia per quanto riguarda il motomondiale, sia per quanto riguarda un ventilato passaggio in Formula 1. Nel primo caso, alla consegna del ‘Winning Italy Award’, come miglior sportivo italiano dell’anno, da parte del ministro degli Esteri appena un mese fa, il pesarese è stato solleticato sulla possibilità di unire le sue sorti a quelle della Ducati. Abbinamento tutto italiano di pilota e mezzo. “Per il made in Italy sarebbe perfetto – ha risposto – ma lasciare la Yamaha sarebbe un tradimento”. Discorso chiuso, come pure quello dell’automobilismo. Rossi è più volte, in anni diversi, entrato nell’abitacolo della Ferrari. Lo ha fatto pure alcuni mesi fa, quando il presidente della scuderia di Maranello, Montezemolo, ha ‘pagato’ la promessa di fargli effettuare alcune sessioni di prova se avesse vinto il Mondiale 2009. Ma passi seri per passare alle quattro ruote non ne sono mai stati fatti, nemmeno quando si ipotizzava la possibilità per i team di F1 di schierare la terza macchina (in Ferrari, semmai, si parlò di Schumacher. Altri tempi…). I tifosi sono comunque liberi di sognare. Del resto, dopo un titolo in 125, uno in 250 (entrambi su Aprilia), uno in 500 (su Honda) e sei in MotoGp (due su Honda e quattro su Yamaha) potrebbe diventare complicato trovare nuovi stimoli.
Ma forse è proprio questo il segreto dell’ex ragazzo prodigio, poi confermatosi supercampione. Un plurivincitore che si prende sul serio appena il giusto ed è disposto a mettersi in gioco ogni volta che si schiera sulla linea di partenza e a lottare fino all’ultima curva, a costo di fare a ginocchiate e a gomitate.