Mahinda Rajapaksa è indubbiamente il nuovo uomo forte dello Sri Lanka. La sua leadership, costruita dapprima all’opposizione, quindi come premier della presidente Kumaratunga, è uscita rafforzata dalla vittoria sui separatisti tamil. L’ultima offensiva militare, durata 4 anni, si è conclusa nel maggio 2009 e ha messo fine a una delle più lunghe e sanguinose guerre civili della storia recente dell’umanità: 26 anni di scontri e oltre 70.000 vittime.
Altre frecce al suo arco, la ricostruzione del dopo-tsunami e un buon andamento dell’economia che si è tradotto in lotta alla povertà. Laureato in giurisprudenza e rampollo di un’influente famiglia (suo padre fu a lungo deputato nel suo stesso collegio elettorale), a 24 anni Rajapaksa è il più giovane deputato entrato in Parlamento.
L’anno della svolta è il 2002, quando diventa leader del Partito della Libertà, una delle due principali formazioni politiche srilankesi, di impronta progressista e vicina alle posizioni dei nazionalisti cingalesi. All’epoca, il partito guida l’opposizione. Alle ultime elezioni politiche, nell’aprile 2004, la coalizione Upfa, con a capo Rajapaksa, ottenne il 45,6% dei voti e 105 seggi. Quella di Wickremasinghe conseguì il 37,8% e 82 scranni; altri 22 andarono all’Alleanza Nazionale Tamil e i rimanenti a formazioni minori. Rajapaksa si insediò a capo di un governo di minoranza, ma un’efficace “campagna acquisti” lo portò, nel giro di soli cinque mesi, a conquistare la maggioranza parlamentare. Alle presidenziali del 2005, si impone con il 50,3%, al termine di un voto boicottato dalla minoranza tamil.
I passaggi dall’opposizione alla coalizione di governo sono continuati anche sotto la sua presidenza e oggi, il fronte del presidente conta 129 deputati su 225. L’immagine del presidente, associata a slogan che ne osannano le virtù democratiche, è ormai onnipresente. Rajapaksa è tuttavia accusato da alcuni Paesi occidentali di violare i diritti umani, in particolare intimidendo la stampa. Il governo controbatte: “è una campagna diffamatoria orchestrata dall’opposizione”.
La classifica di Reporters sans Frontières vede lo Sri Lanka al 165° posto (su 173 Paesi) per la libertà di stampa. Human Rights Watch denuncia la “caccia alle streghe” nei confronti dei media e delle Ong. Secondo Amnesty International, il governo è responsabile di sparizioni, arresti e detenzioni arbitrarie.