La sindone


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L’oggetto più misterioso del mondo

Il ritratto 'stampato' del volto di Gesù Cristo b

Per la Chiesa è un atto di fede. Per gli scettici un ingegnoso artefatto. Ma se fosse vera, la Sindone sarebbe la prova inconfutabile dell’evento centrale del Cristianesimo. Un’istantanea della Resurrezione di Gesù. Con tutti i segni al posto giusto: il sangue, i chiodi, le spine. E il ritratto “stampato” di un volto che ancora oggi nessuno sa come sia stato prodotto. Perché la Sindone, ritenuta da molti, anche non credenti, il sudario che avvolse il corpo del Messia dopo la crocifissione, resta un grande mistero della storia. Un mistero che richiamerà a Torino, dal 10 aprile al 23 maggio, almeno due milioni di visitatori, per la prima Ostensione dopo i restauri conservativi del 2002. L’ultima era stata 10 anni fa.

Macchie di sangue umano di gruppo AB
Fino al 1898 la Sindone era solo una delle tante reliquie in giro per l’Italia. Fu in quell’anno che il fotografo Secondo Pia scattò la prima fotografia del lenzuolo. E si trovò di fronte alla sorprendente fisionomia dell’Uomo della Sindone: il negativo non era confuso come si aspettava, ma restituiva l’immagine reale e chiarissima di un volto con gli occhi chiusi, la barba e i lunghi capelli. Il sudario divenne così famoso nel mondo, e da allora gli scienziati, chimici, fisici, anatomopatologi, si combattono senza esclusione di colpi per dimostrare, di volta in volta, l’autenticità o la contraffazione della Sindone.

Alcuni fatti sono però assodati: il lenzuolo di lino ha avvolto il cadavere di un uomo flagellato, coronato di spine (era un casco e non una corona), crocifisso con chiodi, trapassato da una lancia al costato. Le dimensioni accertate dopo l’intervento di restauro del 2002 sono 442 per 113 cm. L’Uomo era alto circa 172 cm e pesava 80 chili. Il sangue presente sul lenzuolo è vero: sangue umano maschile di gruppo AB che all’analisi del Dna è risultato molto antico. Un sangue misto a siero nella ferita sul costato, che venne praticata da morto. E ricco di bilirubina, dovuta ai numerosi traumi subiti dall’Uomo. Nessuna traccia di putrefazione: il corpo è rimasto avvolto per circa 30-36 ore. Nessun segno di spostamento del tessuto sul corpo. Come se questo avesse perso improvvisamente il suo volume.

Ma il mistero più grande è costituito dall’immagine del corpo impressa sul telo: simile a un negativo fotografico, è superficiale, dettagliata, tridimensionale, termicamente e chimicamente stabile. E’ stabile anche all’acqua, non è composta da pigmenti, e i segni sono presenti anche nei punti in cui sicuramente non c’era contatto col lino. L’ipotesi è che si tratti di un effetto a distanza di tipo radiante. Inoltre l’immagine non compare sotto le macchie: come se il sangue avesse schermato la zona sottostante mentre si formava il segno.

L’esame al carbonio 14
Il 13 ottobre del 1988 un rassegnato cardinal Ballestrero fu costretto a annunciare che “occorreva accettare i risultati” secondo i quali la Sindone era un falso medievale. La datazione, con l’analisi al carbonio 14, era stata effettuata dai laboratori di Oxford, Tuctson e Zurigo. Il risultato, 1260-1390 d.C., è però stato contestato dalla comunità dei sindonologi in base a una serie di elementi, tra cui le numerose contaminazioni alle quali il lenzuolo è stato sottoposto. In particolare, ad alterare i risultati potrebbe essere stata la presenza, nel campione prelevato, di un rammendo del XVI secolo, eseguito dalle suore clarisse dopo che il lenzuolo era stato bruciato nell’incendio di Chambery, nel 1532.

Inoltre la datazione medievale contrasta con la presenza, sulla tela, di una grande abbondanza di pollini di provenienza mediorientale e di aloe e mirra, sostanze usate in Palestina per la sepoltura dei morti, con la presenza di un tipo di carbonato di calcio (aragonite) simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme e con le tracce sugli occhi di monete coniate il 29 d.C. sotto Ponzio Pilato.

Un reperto irriproducibile
Fino a oggi nessuno è riuscito a confezionare una copia realistica della Sindone. L’immagine non è una stampa né un dipinto. Sulla stoffa è assente qualsiasi pigmento. Secondo gli scienziati non è il risultato di una strinatura prodotta con un bassorilievo riscaldato, come sostengono gli scettici del Cicap, il Comitato di controllo sulle affermazioni del paranormale. Le caratteristiche tridimensionali della Sindone si spiegano solo con il contatto con un corpo. Difficile immaginare una manifattura di un falsario medievale, perché a quel tempo si erano perse le conoscenze sulla flagellazione e la crocifissione del I secolo.

Un falsario del Medioevo non avrebbe potuto immaginare particolari in contrasto con l’iconografia del tempo: corona di spine a casco, trasporto del solo patibulum (la trave orizzontale della croce), chiodi nei polsi e non nelle mani. Inoltre avrebbe dovuto prevedere l’invenzione del microscopio, per poter aggiungere pollini, terriccio, siero non visibili a occhio nudo. E avrebbe dovuto conoscere la fotografia. E visto che ormai è certo che il sudario ha avvolto un cadavere, bisognerebbe ipotizzare un falsario-assassino. Che, alla fine, avrebbe dovuto togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o sfregamento, per non alterare i contorni delle tracce di sangue. Eppure c’è addirittura chi pensa che la Sindone sia un autoritratto di Leonardo da Vinci, realizzato grazie a una tecnica d’impressione fotografica ante-litteram. Peccato che Leonardo non fosse ancora nato quando la Sindone era già storicamente conosciuta.

Il mistero continua
Forse non si arriverà mai alla soluzione dell’enigma. Giovanni Paolo II definì la Sindone “una sfida alla nostra intelligenza”. Quel che è certo è che molti studiosi sollecitano oggi la Chiesa e il mondo scientifico a riprendere gli studi sul lenzuolo. La diocesi dovrebbe avere a disposizione, oltre a una parte del campione prelevato per l’esame del 1988, anche molto materiale proveniente dal restauro. L’Università del Texas sostiene di aver messo a punto una tecnica che permetterà una datazione certa. E se il mistero affascina le menti, il matematico Bruno Barberis ha calcolato che c’è una sola probabilità su 200 miliardi che l’Uomo della Sindone non sia Gesù. Per molti dei pellegrini che faranno la fila nel Duomo di Torino non c’è bisogno neanche di questo.