di Sandro CaliceL’UOMO NELL’OMBRA
di Roman Polanski. Germania, Usa 2009 (01 Distribution)
Ewan McGregor, Pierce Brosnan, Eli Wallach, Kim Cattrall, Olivia Williams, Tom Wilkinson, James Belushi, Timothy Hutton, Jon Bernthal, Robert Pugh, Daphne Alexander, Jaymes Butler, Marianne Graffam, Angelique Fernandez
“L’uomo nell’ombra”, tratto dal romanzo “Il ghostwriter” di Robert Harris, è un thriller elegante, che ci avvince con discrezione, lasciandoci respirare suggestioni che rimandano a Chandler e Hitchcock.
Un bravissimo ghostwriter (McGregor) – viene chiamato sempre così, mai col suo nome in tutto il film – accetta di completare le memorie dell’ex Primo ministro britannico Adam Lang (Brosnan) dopo che il suo predecessore McAra è morto in uno strano incidente. Ha solo un mese per farlo e l’editore lo spedisce sulla costa orientale degli Stati Uniti, dove Lang alloggia in una casa sull’oceano per un giro di conferenze in America. Prima di partire, però, la televisione da la notizia che Lang è accusato di aver autorizzato la cattura illegale di sospetti terroristi e di averli consegnati alla CIA per essere torturati. Così, quando il ghostwriter arriva sull’isola trova la casa di Lang assediata da stampa e manifestanti. Nella villa conosce Amelia (Cattrall), assistente molto personale di Lang e Ruth (Williams), la moglie. Ma quando gli viene consegnato il manoscritto incompiuto di McAra, custodito con troppe precauzioni, il ghostwriter comincia a sospettare che ci sia qualcosa di poco chiaro. McAra è davvero morto in un incidente? Qual è la vera natura del rapporto tra la CIA e Lang? Perché ha l’impressione che nessuno dica la verità? Di chi si può fidare?
Polanski torna a dirigere un thriller dopo anni, e lo fa con tanto mestiere e bravura che il tema politico (Lang somiglia ovviamente a Blair) passa in secondo piano e la storia e i personaggi diventano più importanti del contesto. La figura del ghostwriter, senza nome, senza identità per contratto, professionista nel vivere e raccontare le vite degli altri, è quasi come un osservatore esterno che ci guida nel racconto. E’ la lezione hitchcockiana dell’uomo ordinario catapultato in un mondo straordinario e in situazioni oltre la sua portata. Per questo la tensione, l’inquietudine prendono lo spettatore senza ricorrere a effetti speciali, in punta di piedi, con angosciante normalità. Complice anche la bravura di tutti gli attori. L’inquadratura finale, poi, è da storia del cinema.