Libri e politica


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Memorie di un presidenzialista

'Niente di personale, solo cambiare l’Italia' di Mario Segni

di Rodolfo Ruocco

Destra o sinistra? “Gran parte delle cronache di quegli anni hanno attribuito la sconfitta al mio rifiuto di schierarmi sia con la destra che con la sinistra”. Mario Segni ricorda le elezioni politiche del lontano 1994, le prime dopo lo scoppio di Tangentopoli, quelle vinte dal centrodestra di Silvio Berlusconi contro il centrosinistra di Achille Occhetto. In “Niente di personale, solo cambiare l’Italia”, libro edito da Rubbettino, ripercorre gli ultimi venti anni della storia politica italiana: dalla fine drammatica della Prima Repubblica basata sul sistema elettorale proporzionale alla nascita della Seconda Repubblica, imperniata sul maggioritario e sul bipolarismo.

‘Mister referendum’, come accetta di farsi chiamare anche se non è entusiasta della definizione preferendo ‘mister maggioritario’, è stato tra i maggiori artefici politici del cruciale triennio 1992-1994. In un clima rovente di delegittimazione del sistema dei partiti “si diffondeva il desiderio di novità profonde”, scrive. Da semplice deputato Dc (area moderata) lanciò due referendum che cambiarono il volto dell’Italia: il primo (nel 1991) ridusse le preferenze multiple ad una sola, il secondo (nel 1993) introdusse il sistema elettorale maggioritario. Divenne il leader referendario e il protagonista della vita politica italiana, teorizzatore di bipolarismo, maggioritario e presidenzialismo. Crollati la Dc, il Psi e i partiti laici, Mario Segni, figlio dell’ex presidente della Repubblica Antonio, ebbe nelle sue mani le chiavi della politica italiana. Ma perse “il biglietto della lotteria”, come scrive citando commenti giornalistici di allora. I due poli della Seconda Repubblica furono costruiti da altri; il centrodestra sorse sotto la guida di Berlusconi, il centrosinistra nacque sotto la bandiera di Romano Prodi.
La stella di Segni si offuscò nel 1999 con due disfatte:
1) il fallimento del referendum per trasformare ‘il Mattarellum’, la legge elettorale di allora, in un sistema pienamente maggioritario (mancò il quorum per un soffio di voti);
2) la sconfitta al voto europeo dell’Elefantino, la lista tra An di Gianfranco Fini e il Patto Segni.

Ricorda il sì di Indro Montanelli alle sue battaglie referendarie, trasversali agli schieramenti di sinistra, centro e destra. “Li appoggio perché almeno una volta nella vita – disse il grande giornalista - spero di vedere una riforma che cambia gli italiani, e non gli italiani che cambiano una riforma”. Ma la delusione, osserva, è stata profonda per i risultati. La transizione istituzionale italiana è rimasta incompiuta anche se adesso gli elettori scelgono “il governo e il suo leader”. Il degrado politico e dei costumi è forte. “L’Italia di oggi – sostiene- se non è più corrotta di quella di una volta è certo più immorale, in quanto è proprio il senso della morale pubblica ad essersi spaventosamente affievolito”.

Critica Pier Luigi Bersani e Berlusconi. “Con l’elezione di Bersani alla segreteria del Pd è andato alla guida di quel partito un gruppo – obietta - che sembra intenzionato a cancellare vent’anni di bipolarismo e a ritornare alle regole e alla cultura della Prima Repubblica”. Il presidente del Consiglio “ha clamorosamente introdotto – accusa - due fatti completamente nuovi: la sistematica violazione delle regole sul conflitto d’interessi e le leggi ‘ad personam’”. E adesso? Adesso Mario Segni è professore di diritto civile all’Università degli Studi di Sassari e scrive libri. Insiste sulla necessità di realizzare una democrazia presidenziale sul modello statunitense e non dispera “di arrivare a qualche forma di presidenzialismo”. Come? “In realtà –nota - solo Berlusconi ha la possibilità di riaprire il gioco. Il potere di cui dispone e il lungo periodo di governo che ha davanti gli consentono di proporre alle Camere e al Paese una riforma ardita, che raccolga e porti a compimento il lungo cammino delle riforme referendarie”.