di Rita Piccolini “Finalmente Parigi! Nei racconti di Fernanda Gattinoni Parigi è stata una delle esperienze più interessanti della sua carriera. Oggi, riportare a Parigi gli abiti che Fernanda creò per il cinema, è un atto dovuto”. E’ Stefano Dominella a parlare, il presidente di Gattinoni.
Dal 15 giugno fino al 30 luglio, nella sede parigina dell’Istituto Italiano di Cultura, si può visitare la mostra curata da Sofia Gnoli: “Fernanda Gattinoni. Moda e stelle ai tempi della Hollywood sul Tevere”. L’esposizione, realizzata grazie all’archivio storico dell’atelier Gattinoni è di quelle che fanno sognare, perché descrive il rapporto della grande sarta italiana con alcune delle maggiori dive degli anni della Hollywood sul Tevere e della Dolce Vita. Qualche nome? Ingrid Bergman, Lucia Bosé, Bette Davis, Marlene Dietrich, Rossella Falk, Anouk Aimée, Audrey Hepburn, Gina Lollobrigida, Anna Magnani, Kim Novak, Lana Turner a Monica Vitti. Ma non solo. A partire dalla seconda metà degli anni Quaranta, l’atelier romano di Fernanda Gattinoni divenne meta fissa del jet set internazionale di passaggio nella capitale e tra le sue clienti si annoverano first ladies e ambasciatrici.
“Basta saper guardare come si muove una donna per intuire quali rivelazioni e quali aiuti aspetta dalla nuova stagione della moda”, sosteneva Fernanda Gattinoni. E fu proprio questa intuizione e la proposta di uno stile che coniugava raffinatezza e semplicità a conquistare il cuore delle donne, di tutte le donne, comprese le star del cinema. Il mix di eleganza e di rigore delle sue creazioni si sarebbe negli anni trasformato nel filo conduttore dello stile italiano di cui, insieme alle sorelle Fontana, a Jole Veneziani e a Biki e Germana Marucelli, fu una delle pioniere.
Ma torniamo alle stelle del cinema che la ellessero loro sarta prediletta. La mostra di rue de Grenelle, a Parigi, è dedicata a loro e soprattutto agli abiti creati per loro dalla grande sarta italiana per celebri interpretazioni di film che hanno fatto la storia del cinema. Come dimenticare Audry Hepburn nel ruolo di Natasha in Guerra e Pace (1956). A lei è dedicata un’intera sezione della mostra. La bellezza, la regalità e insieme la delicatezza e la semplicità di quegli abiti rimangono nel nostro immaginario. L’attrice da allora, senza rompere il sodalizio con Givenchy, divenne una delle habitué di madame Gattinoni che a lei dedicò un’intera linea “stile impero” che chiamò appunto “Natascia”. E ancora gli abiti del guardaroba privato e i costuni di scena di Europa 51, del ’52, e Fiore di cactus, del ’69, realizzati per Ingrid Bergman. E gli esemplari della collezione Casanova (1958) appartenuti a Kim Novak, fino alla collezione di “petites robes noires” provenienti dal guardaroba personale di Anna Magnani. A fianco agli abiti le fotografie, a illustrare il rapporto della nascente stella della moda italiana con le star del cinema internazionale. Anche negli abiti realizzati per le attrici Fernanda Gattinoni mantenne le caratteristiche di uno stile che era emerso fin dagli esordi londinesi e nelle prime creazioni nel suo piccolo appartamento romano accanto a Porta del Popolo, in cui creò un cappotto di velluto verde per la sua prima cliente, Clara Calamai. L’amore per i ricami e i drappeggi e contemporaneamente lo stile sobrio e rigoroso. Scrisse di lei una importante giornalista di moda di quegli anni, Irene Brin: ”Fernanda vestì in flanella grigia, nettamente anglosassone, la maharani di Palampour, abitualmente drappeggiata d’oro. Vestì in semplicissime sete lombarde Evita Peron, abitualmente ruscellante di svolazzi e piume”.
Molte delle attrici che ebbero il privilegio di conoscerla instaurarono con lei un vero rapporto di amicizia. Non la bellissima Audrey Hepburn, che Fernanda Gattinoni considerava “troppo perfettina”, certamente la passionale Anna Magnani, per cui aveva creato gli abiti per il film di Alfredo Guarini e Gianni Franciolini “Siamo donne” del ’53. Raccontò di lei la Gattinoni:”Non le importava molto di vestirsi. Voleva solo piccoli abiti neri”. E ancora: “ Era venuta da me per farsi confezionare su misura un abito per Capodanno. Non era venuto a ritirarlo. A quasi mezzanotte sentii degli schiamazzi dalla strada. Anna Magnani aveva cominciato a urlare: ”A Fernà, me manni giù er vestito!”.