About Elly

Orso d’argento per la regia al 59° Festival di Berlino

di Sandro Calice

ABOUT ELLY

di Asghar Farhadi, Iran 2009 (Mediaplex Italia) Golshifte Farahani, Taraneh Alidousti, Shahab Hosseini, Mani Haghighi, Merila Zarei, Peyman Moadi, Rana Azadivar, Ahmad Mehranfar, Saber Abar.

“About Elly”, quarto film del 38enne regista iraniano Farhadi, ha vinto l’Orso d’argento per la migliore regia al 59° Festival di Berlino. La bravura di Farhadi è quella di costruire tensione e mistero attorno a una vicenda apparentemente banale.

Ahmad (Hosseini) torna in Iran dopo aver trascorso molti anni in Germania e lasciandosi alle spalle un matrimonio fallito. Gli amici di sempre organizzano una rimpatriata e prenotano una villa sul Mar Caspio per passare insieme un paio di giorni. Una delle donne del gruppo, la bella e intraprendente Sepideh (Farahani), all’insaputa degli altri invita Elly (Alidousti), l’insegnante della figlia, con l’intenzione di presentarla ad Ahmad. Gli altri capiscono subito e stanno al gioco, cominciando a trattarli come una coppia. Nonostante il gruppo, per un malinteso, sia costretto ad adattarsi a una sistemazione di fortuna, l’atmosfera è allegra e serena. Fino a un incidente. Elly scompare e tutto cambia. Tutti si rendono improvvisamente conto di non conoscere nulla della ragazza e della sua vita. Dovranno affrontare le conseguenze della verità.

Farhadi, dicevamo, è abile a manovrare il racconto e i personaggi in modo da rendere una vicenda normalmente lineare un thriller. In realtà l’interesse principale del film, quello che ha appassionato gli addetti ai lavori, è culturale e politico. E’ lo spaccato di una generazione di iraniani che conosciamo poco, divisi tra morale pubblica e desideri privati, che vivono in una repubblica islamica ma somigliano ai ragazzi occidentali, segnati da una società rigida e oppressiva ma meno disposti del passato a rinunciare alle personali manifestazioni di libertà, che aspirano a essere moderni ma poi replicano le vecchie dinamiche tra sessi. Tolto questo, visto che non stiamo parlando di un trattato di sociologia o di psicologia familiare, quello che resta, a nostro parere, non è così emozionante. Dalla recitazione, che ricalca stilemi non sempre coinvolgenti. Alla narrazione stessa, che sembra preparare qualcosa di straordinario che alla fine non arriva. Certo, c’è il sottile gioco delle bugie, c’è il velo delle ipocrisie che miseramente cade, ma le reazioni finali non ci sembrano così sconvolgenti e interessanti, né originali visto che nei paesi del nostro profondo nord o profondo sud di oggi sarebbero le stesse.