di Sandro Calice
BUTTERFLY ZONE – IL SENSO DELLA FARFALLA
di Luciano Capponi, Italia 2009 (Borgo dello Spettacolo)
Pietro Ragusa, Francesco Martino, Francesco Salvi, Barbara Bouchet, Cosimo Fusco, Giorgio Colangeli, Vincent Riotta, Damir Todorovic, Armando De Razza, Melanie Gerren, Sergio Nicolaj, Patrizio Oliva, Max Bertolani, Alessandra Rambaldi, Sara Armentano, Daniele Aldrovandi, Cristiano Callegaro.
Dice che “il senso del film sta in sorso di vino”, come recita la didascalia. Un sorso di troppo, potrebbe sembrare allo spettatore, visto l’effetto di disorientamento che l’opera prima di Capponi, autore e compositore teatrale e televisivo, effettivamente provoca.
Vladimiro (Ragusa), torna da adulto nella casa dove il padre, il fisico professor Chenier (Salvi), fu portato via per non tornare più da misteriosi uomini in nero quando lui era bambino. Va a trovare l’amico d’infanzia, Amilcare (Martino), e con lui, esplorando la vecchia villa di campagna della famiglia, scopre in cantina l’ultimo, segreto, regalo del padre: un vino miracoloso, il Caresse de Roi, che apre ai vivi le porte dell’Aldilà per un viaggio di andata e ritorno. Vladimiro e Amilcare ci mettono un po’ a rendersi conto di quello che succede, giusto il tempo di riportare indietro dal mondo dei morti un feroce serial killer e di farsi notare dal Cug, organizzazione occulta da tempo alla ricerca di quel segreto. Nel gioco mortale entrano anche i servizi segreti deviati del Dipartimento di Sicurezza nazionale, che invia l’ignara agente Lidia (Rambaldi) ad indagare. Tra incontri metafisici e pericoli reali, i due ragazzi dovranno fare i conti col passato, difendere il vino miracoloso da chi vuole usarlo come un’arma e restare vivi nel frattempo.
Dicevamo dello spaesamento. “Butterfly zone” è in effetti un miscuglio di generi, dalla commedia grottesca al thriller al fantasy, senza essere in fondo nessuno di essi. Che poi è la motivazione del Premio Méliès che il film ha preso al Fantafestival 2009: “Una favola surreale e poetica ma anche un racconto a metà strada fra la spy-story e la fantascienza. Abbiamo voluto premiare la capacità del film di toccare più generi cinematografici in un’ottica di qualità e nello spirito del festival”. Sarà, ma noi abbiamo visto qualcosa di più confuso, confezionato con eleganza bisogna riconoscere, e con molta attenzione ai dettagli di scenografia e ai simboli (bella la scelta di usare la Scarzuola di Montegiove come ambientazione per uno dei luoghi più significativi dell’Aldilà). Ma oltre questo, sembra una visione sospesa a metà tra Sergio Citti e Terry Gilliam, dalle battute in romanesco alle donne con i baffi, se pure questo ha un senso. Scrive il regista, parlando del film: “Così, sorridendo, mi sono fatto un viaggetto (beninteso onirico) e ho colorato il film. Il resto è suono e parole, qui e là. Giustappunto”. Giustappunto avremmo voluto dirlo noi.