Italiani in fila al pronto soccorso. Sono circa 30 milioni, praticamente uno su due, i cittadini del Belpaese che ogni anno si recano nei pronto soccorso degli ospedali, con un tasso di crescita stimato in un 5-6% all'anno. Ma la maggior parte non lo fa per una vera e propria emergenza: circa il 75% degli accessi sono infatti codici verdi e bianchi, riconducibili a banali incidenti o malanni che non richiedono l'arrivo in ospedale. Le vere urgenze (codice giallo e codice rosso) non superano infatti il 15% del totale degli accessi.
Questo significa che più di 7 persone su 10 pur potendo rivolgersi altrove, magari dal proprio medico di famiglia, finiscono invece per intasare i pronto soccorso, a danno di chi ne ha realmente bisogno. E pagando pure un forte dazio. L'attesa prima di essere visitati - soprattutto nei grandi ospedali di alcune città (Roma e Napoli in testa) - è infatti lunga: anche 4-5 ore per un codice verde e un tempo indefinito per un codice bianco. Senza contare che in questi giorni di emergenza-afa nei pronto soccorso delle grandi metropoli si stanno registrando accessi e tempi di attesa record.
E' quanto emerge dall'analisi sugli accessi e sui tempi di attesa in pronto soccorso elaborata per l'Adnkronos Salute dalla Simeu (Società italiana medicina emergenza urgenza). Un'indagine che ha portato alla luce numerose criticità che vanno a incidere sull'organizzazione e il funzionamento del servizio. Due su tutte: la riduzione dei posti letto, con la conseguente difficoltà nel ricoverare i pazienti, e la carenza del personale. "Ormai - spiega Beniamino Susi, consigliere nazionale e coordinatore del gruppo di lavoro triage della Simeu - è difficile reclutare giovani medici. Diciamo che la medicina d'emergenza ha perso appeal. Troppi problemi".
Ma a creare l'imbuto nei pronto soccorso sono soprattutto i tanti pazienti che invece di prendere altre strade si riversano in ospedale. Anche per piccoli e banali problemi. "Del 75% dei pazienti con codice verde o bianco - sottolinea Susi - almeno la metà potrebbe andare tranquillamente dal proprio medico curante. Molti vengono da noi perché preferiscono aspettare ore al pronto soccorso piuttosto che rivolgersi agli ambulatori. Sanno che il pronto soccorso una risposta la dà sempre e comunque. C'è anche chi viene per farsi fare una semplice ricetta".
Una 'cattiva abitudine', quella di rivolgersi comunque al pronto soccorso, che non accenna a diminuire. Anzi. "Dove lavoro io, al Policlinico Tor Vergata di Roma - spiega il consigliere nazionale della Simeu - se si mettono a confronto giugno 2008 con giugno 2010 si scopre che negli ultimi due anni si sono registrati 600 accessi in più (3.900 contro 4.500). Un aumento di circa il 15%".
Ma anche nel resto d'Italia le cose stanno prendendo questa piega. "L'aumento degli accessi sta crescendo mediamente del 5-6% all'anno. Se non si troveranno presto delle soluzioni - spiega Susi - si rischia il blocco totale. Soprattutto nei grandi ospedali metropolitani, in particolare a Roma e a Napoli. Ma ormai - aggiunge Susi - problemi di questo genere si registrano pure in Piemonte, in Lombardia, in Veneto".
Tra le varie misure da adottare per arginare l'intasamento dei pronto soccorso, Susi ne indica soprattutto una: il potenziamento della medicina territoriale. "E' assolutamente necessaria un riorganizzazione dell'assistenza sul territorio", spiega il consigliere Simeu. "Una soluzione - aggiunge - potrebbe essere quella di far lavorare i medici di famiglia insieme, consorziati, e tenere gli ambulatori aperti 24 ore. Ma finora - sottolinea - in questa direzione sono state fatte solo sperimentazioni".
Sulla stessa lunghezza d'onda anche il Tribunale per i diritti del malato (Tdm) di Cittadinanzattiva: "Per ridurre gli accessi impropri bisogna pensare a strutture alternative ai pronto soccorso. Servizi sul territorio che possano garantire prestazioni sanitarie ai cittadini. Soprattutto nei weekend e nelle ore notturne, quando trovare un medico di famiglia è impossibile e le guardie mediche, che scarseggiano, non riescono a rispondere a tutte le richieste".
Ma spesso si ricorre al pronto soccorso anche solo per fare un esame di routine. "Purtroppo è vero", spiega il Tdm. "Questo succede perché il pronto soccorso rappresenta una valida alternativa alle lunghe liste di attesa. E a nulla è valso, a un certo punto, inserire il ticket per i codici bianchi. Molte persone sceglievano comunque di pagare 20 euro piuttosto che aspettare magari settimane per fare un esame o una visita".
Per il consigliere della Simeu, un'altra soluzione per far funzionare meglio i pronto soccorso e ridurre i tempi di attesa di chi ha veramente bisogno di assistenza, potrebbe essere quella di inserire un ulteriore codice di priorità. "In Toscana, ad esempio - spiega Susi - è stato inserito un codice celeste, una via di mezzo tra il verde e il bianco. Ma, al di là del colore, l'obiettivo è quello di portare a livello nazionale, con una metodologia comune, un quinto codice. In alcuni Paesi (Canada e Australia) è già così. Naturalmente - precisa Susi - per applicarlo bisogna trovare dei criteri scientifici. Uno potrebbe essere il dolore".
Intanto però, per la politica dei taglio dei costi - che nelle Regioni con i conti in rosso si è tradotto anche in un riduzione del numero dei posti letto - i reparti della medicina d'emergenza di alcuni ospedali sono al collasso. "A Roma 3-400 pazienti al giorno stazionano sulle barelle in attesa di un ricovero", sottolinea.
Un disagio per i cittadini, ma non solo. "Questo problema - conclude Susi - crea numerosi problemi di organizzazione all'interno dei reparti di emergenza. Soprattutto per quanto riguarda il lavoro del personale del triage, che dovrebbe invece essere impegnato nel controllo delle persone in attesa della visita in pronto soccorso".