Bologna, 2 agosto 1980


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Trent’anni tra verità accertate e indicibili

Un libro affronta gli aspetti ancora oscuri della strage strage_bologna2_296

di Carla Toffoletti

"Le stragi sono messaggi da governi ad altri governi o da organizzazioni potenti a governi". Lo ha spiegato il giudice Rosario Priore al Convegno “Strage di Bologna: una storia da riscrivere”, presso la Sala del Cenacolo alla Camera dei Deputati, organizzata dalla deputata Pdl Barbara Saltamartini per la presentazione del libro “Intrigo internazionale” (Chiarelettere) di Rosario Priore e Giovanni Fasanella, dove si sono affrontati gli aspetti ancora oscuri dell’attentato.

A una settimana dal trentennale della strage del 2 agosto 1980, in cui morirono 85 innocenti, si riapre la polemica sulla sentenza che ha portato alla condanna degli esecutori materiali della strage di Bologna, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini (che pur riconoscendosi colpevoli di altri fatti di sangue, si sono sempre proclamati innocenti), ma che ancora poco ha detto su mandanti e motivi dell’attentato.

“Se la verità giudiziaria su Bologna ha colpito la ‘manovalanza’ non è stata però in grado di far luce sui livelli superiori” è la tesi su cui si snoda il dibattito e la Saltamartini sottolinea come “la ricostruzione dei fatti si è persa per la strada il movente. La classe politica ha il dovere di fornire il suo contributo all’accertamento della verità. ” E conclude: “L’attentato di Bologna rappresenta il crocevia irrisolto della nostra storia nazionale”.

Partendo dalla constatazione che “la verità giudiziaria non coincide mai con la verità storica”, Priore affronta le grandi stragi rimaste avvolte dal mistero: “Non furono opera di bande di ragazzi, ma grandi operazioni politiche progettate nei Paesi che avevano interesse a tenerci sotto scacco” sostiene il magistrato che dagli anni ’70 ha condotto le istruttorie di alcuni dei processi più importanti della Storia d’Italia, dall’eversione nera e rossa al caso Moro, fino alla strage di Ustica. Priore per Bologna parla di verità “molto traballante”.

La componente neofascista nella strage c’è – spiega Priore – ma non ne è la spiegazione. Io credo - afferma - che i contesti internazionali abbiano avuto un peso determinante. Secondo Priore, ''la rappresaglia da parte del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina è una chiave piuttosto utile per l'interpretazione della strage di Bologna'' .

Poi entra nei dettagli: “Il nostro governo per un certo tempo ha avuto buone orecchie, poi l'udito e' calato. Quindi sono stati lanciati forti messaggi . Violando il Lodo Moro ( l’accordo con i terroristi palestinesi che prevedeva basi logistiche sul nostro territorio in cambio della non belligeranza) noi arrestammo a Bologna, , insieme a tre autonomi romani, (con l’accusa di traffico d’armi), il responsabile italiano del Fplp, Abu Saleh Anzeb. I palestinesi pretendevano la liberazione e minacciarono pesanti ritorsioni, ma la conferma della condanna in Appello provocò una grossa delusione.

Siamo alle soglie della strage di Bologna e l’allora capo del Sismi, Grassini, aveva preannunciato: "Siamo agli ultimi giorni. O liberiamo questo signore o succede una strage”. Per il magistrato, insomma, nessuna trama nera ma una matrice internazionale che potrebbe avere anche la strage di Natale, a san Benedetto Val di Sambro. Una convinzione maturata leggendo "le relazioni dei servizi orientali". "Probabilmente anche quella strage -spiega Priore - fu dovuta all'arresto di un terrorista, fermato a Fiumicino con le valigie piene di esplosivo". Il risultato della mancata liberazione fu un nuovo sanguinoso attentato, dovuto al peso di organizzazioni internazionali, come il Fronte popolare palestinese o il gruppo di Carlos,che avevano "una forza tale da imporre rappresaglie enormi".

Anche Fasanella ricostruisce lo scenario in cui quegli episodi maturarono . “Per la bomba alla stazione come per Ustica, il problema è quello del contesto mai esplorato: le tensioni provocate in area mediterranea dai rapporti privilegiati dell’Italia con la Libia e i palestinesi .

L’autore del libro-intervista a Priore, “un lavoro durato 7 anni”, spiega come già in appello il teorema su cui si basava l’impianto accusatorio , ovvero l’dea che la P2 di Gelli e i servizi deviati avessero operato dietro le quinte con i neofascisti, non resse e venne smantellato. Ma venne preconfezionata una verità che accontentava il Pci (stesse motivazioni di Piazza Fontana, fermare l’avanzata dei comunisti) , e metteva al riparo Stato e Governo da verità imbarazzanti, come il “Lodo Moro”.

Anche Cossiga, all’epoca Primo Ministro, ha recentemente definito l’attentato "un incidente della resistenza palestinese’". Ma dalla nuova inchiesta della Procura di Bologna non è emerso nulla per avvalorare la pista “alternativa” che chiama in causa i palestinesi del Fplp di George Habbas. Il pm Cieri ha seguito gli spunti della Commissione Mitrokhin, secondo cui l’Fplp ha compiuto la strage servendosi del gruppo del terrorista Carlos per vendicare la condanna del suo leader Abu Saleh.

Gli agenti della Stasi che controllano Carlos, interrogati per rogatoria, non hanno detto nulla su Bologna. Si attende di saper se Thomas Kram, uomo di Carlos e a Bologna proprio il giorno della strage, intenda farsi interrogare.

Di verità giudiziaria “monca e non soddisfacente” parla anche l’onorevole Giovanni Pellegrino, ex presidente della commissione Stragi , che spiega come il contesto degli anni ’80 fosse radicalmente diverso da quello del ’69 per pensare che alla base della strage di Bologna ci fossero le stesse motivazioni di Piazza Fontana.

“La verità giudiziaria non corrisponde alla verità storica- afferma - C’è un collegamento di contesto tra Bologna e Ustica. Ustica è stato un messaggio. Il messaggio è stato reiterato con più forza con la strage del 2 agosto.

La Storia d’Italia non è comprensibile al di fuori della Storia del Mondo. Bologna non può essere un remake di Piazza Fontana. Bisognerebbe riprendere ad indagare” .

E conclude affermando che comunque non ci sarà “'soddisfazione da parte di chi insorge con fischi e lamentele ogni 2 agosto, perchè esiste la preoccupazione che si mettano in dubbio le condanne''. E su questa “cappa di indicibilità “ che per alcuni avvolge le stragi degli anni ’80 interviene anche l’onorevole Formica, all’epoca ministro dei Trasporti.

“Forse la politica ha compiuto un errore, non ricercando la verità storica autonomamente rispetto alla verità giudiziaria e paragiudiziaria delle commissioni d'inchiesta parlamentare, che finiscono per produrre lacerazioni politiche con verità preconfezionate''. Formica ha auspicato che gli storici sappiano ''affrontare la vera ragione del silenzio: i vincoli della sovranità limitata fissati dagli accordi internazionali e le violazioni di questi limiti operate sia da paesi alleati che da nazioni ostili. L'Italia fu terra di guerra fredda accettata e di guerra calda subita''. Per Formica, quindi, bisognerà ripartire dal libro “Intrigo internazionale”di Fasanella e Priore ''per tentare di forzare il muro del silenzio internazionale, perchè nelle carte italiane, anche se ci fossero, l'interesse dei governanti di oggi è più scarso dei governanti di ieri''.