Economia


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Unicredit annuncia 4700 esuberi

Questo il piano previsto per il triennio 2011-2013. Per la Fabi 'l'istituto si pone politicamente e contrattualmente fuori da quella concertazione rivendicata dall'Abi' f

I libici di Gheddafi tornano in testa nell'azionariato di UniCredit con una quota effettiva del 7%. Intanto la banca di Piazza Cordusio presenta ai sindacati un piano per la nascita della Banca Unica che prevede 4.700 esuberi da pensionare nel triennio 2011-2013. Insomma, due 'blitz' su fronti diversi ma di particolare rilievo. Da una parte quindi la Libyan Investments Autorithy (Lia), il braccio finanziario di Gheddafi nato con lo scopo di gestire i proventi del petrolio, che ha annunciato alla Consob di aver portato la propria partecipazione sopra la soglia del 2%, facendo cosi' lievitare l'intera compagine libica intorno al 7%, visto che la Banca Centrale Libica e la Libyan Arab Foreign Bank gia' sono titolari di un 4,98 per cento. Ai valori attuali di Borsa (oggi -2,75% a 2,12 euro) la quota della sola Lia vale circa 824 milioni di euro. Che diventano quasi 3 miliardi di euro (2,89 mld per l'esattezza) se viene considerata l'intera partecipazione di Tripoli. Nella compagine di UniCredit, tolta Mediobanca che ha in mano una quota di poco superiore al 5% ma tutta al servizio dei cashes, figura poi col 4,99% il fondo Aabar di Abu Dhabi, entrato nel capitale della banca lo scorso giugno. E a seguire la Fondazione Cariverona (4,98%), al momento tallonata dal colosso del risparmio gestito BlackRock, salito al 4%, davanti alla Fondazione Crt (3,31%).

Il tutto mentre sul fronte interno e' emerso che UniCredit, nell'ambito del riassetto che ha portato alla nascita della Banca Unica, ha presentato alle organizzazioni sindacali un piano triennale, che si articola in 32 pagine, e che passa per 4.700 esuberi (di questi 600 sono i dipendenti che non sono entrati nel Fondo di solidarieta' volontario di settore il primo luglio di quest'anno). In particolare, spiegano in ambienti sindacali, l'azienda avrebbe prospettato che a fronte della costituzione di un fondo obbligatorio aperto per la durata di tre anni saranno mandati via soltanto quei dipendenti coi requisiti per la pensione. Le negoziazioni partiranno a settembre ma i sindacati gia' sono sul piede di guerra, mentre il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha affermato che ''sara' doveroso un confronto approfondito e sono vietati in tutti i modi atti unilaterali. Le parti dovranno entrare nel merito''. ''L'effetto Marchionne-Fiat - ha commentato il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni -, ha contagiato, come un effetto domino, anche il gruppo Unicredit''.

A settembre quindi ci sara' ''un aspro e duro confronto non solo sui numeri, ma soprattutto su quel modello organizzativo che dal 2007 ad oggi ha prodotto esclusivamente la fuoriuscita dal gruppo di 10mila lavoratori oltre ai 4.700 dichiarati oggi, e di altri 1.500 lavoratori che hanno seguito la cessione ad altre banche di 500 sportelli Unicredit''. Al tempo stesso il segretario generale della Uilca, Massimo Masi, si e' detto ''disponibile a discutere di un eventuale fondo obbligatorio alla stregua di quanto avvenuto nelle altre banche del settore, senza dare vantaggi competitivi ad UniCredit, ma andranno concordati anche il numero delle nuove assunzioni, elemento questo condizionante per il buon andamento della trattativa''. Masi esprime inoltre l'indisponibilita' a lasciare aperto per tre anni il fondo obbligatorio.