Non è la sua prima regia di un’opera lirica?
In effetti io ho già fatto il Rigoletto al Teatro Municipale di Piacenza, come spettacolo. Sicuramente questa è la mia prima regia cinematografico-televisiva, usando uno sguardo che mi è più congeniale e anche avendo uno spazio che mi corrisponde maggiormente.
Come si è trovato?
Beh, nel farlo ho dovuto imparare tutta una serie di cose che io non sapevo. Perché io sono abituato a vedere e anche a immaginare sempre secondo la scansione cinematografica. Qui è qualcosa di analogo, ma nel cinema c’è sempre un dopo, che è tutto il lavoro di edizione, estremamente complesso. Qui invece mi sono dovuto adeguare a fare tutto insieme, immaginare e montare contemporaneamente. E’ come se filmassi una partita di calcio o un concerto. Non c’è dubbio che è affascinante, elettrizzante.
Nella partita di calcio i ritmi sono dettati dal gioco…
Sicuramente, e poi, come nel cinema, non si può fare la seconda, la terza, la quarta.
Infatti, se la scena al cinema non viene bene, si ripete. Un regista cinematografico che lavora in diretta per la televisione, diciamo per lo “schermo” in generale, e non per un teatro, che ha una sua acustica, che ha comunque un certo livello di attenzione, quali analogie trova? Lavorare in diretta in questo caso è come lavorare al cinema “in presa diretta”?
Direi di no. Qui c’è la straordinaria novità di una grande orchestra e di un grande direttore che stanno in un teatro lontano (il Bibiena di Mantova, ndr). A me ad esempio piace molto la ripresa in primo piano e fortunatamente ci sono interpreti molto espressivi. L’aspetto incoraggiante è che è un dramma estremamente secco, piuttosto breve, drammaturgicamente perfetto. Ci affidiamo alla grandezza dei cantanti e di Verdi.
Ci può raccontare la dinamica della ripresa e della trasmissione di questa opera?
Utilizzeremo il Palazzo Te, con gli affreschi di Giulio Romano, dove avviene la prima festa. In un teatro stanno sullo sfondo, in questo caso saranno in primo piano. Poi il Palazzo dei cavalli, la Sala dei Giganti. A Palazzo Te, c’è quella che era la residenza privata del Duca di Mantova, con un vicolo appositamente ricostruito. Tutti si possono spostare rapidamente da una parte all’altra, senza interruzioni.
La musica proverrà Dal Teatro Scientifico Bibiena.
Sì, vedremo l’orchestra una volta solo all’inizio. Il Maestro Mehta ha detto di lasciar perdere l’orchestra, il pubblico è giusto che si coinvolga subito con i personaggi.
Ha rinunciato al suo ego il maestro Zubin Mehta, una prova di umiltà. A proposito di ego, che differenza c’è tra gli attori di cinema e i cantanti lirici?
Potremmo dire che sono molto simili. Solo che gli interpreti della Lirica comunicano le emozioni con il canto. Non si possono limitare, perché devono cantare al meglio. E in diretta. Non c’è play-back. C’è un palpito unico. Le inevitabili incertezze, renderanno ancora più unico l’evento. Speriamo nel meteo….
Non temete la concorrenza, domenica alle 14, per il secondo atto, con le partite, alcune partite?
Ma questa è l’idea forte di Andermann di rispettare lo spazio-tempo dell’opera.
La sua regia cinematografica è stata a volte di tipo documentaristico…
Forse in “Vincere”, ma comunque inserita in un quadro reinterpretativo….
Ma in questa opera quanto concede alla creatività e quanto alla fedele ricostruzione, rappresentazione, della vicenda?
La creatività qui ha degli spazi più angusti, ovviamente. E’ chiaro che, insieme a Vittorio Storaro, abbiamo cercato di dare un dinamismo cinematografico. Però, l’architettura, non dico la “gabbia”, dello spartito di Verdi è intoccabile. Poi io non amo le bizzarrìe di alcuni registi d’opera, certe provocazioni gratuite, che si sovrappongono. Ho voluto essere fedele al testo e dentro la musica di aggiungere delle cose, ma sempre “interne”, restando nella tradizione. Anche perché l’ambientazione, rinascimentale, i costumi, difendono quel tipo di epoca.
Cosa si aspetta da Placido Domingo? Vi siete incontrati, parlati? Domingo, tenore, sarà un baritono, con un notevole cambio di timbro vocale…
E’ un azzardo che lui, grandissimo interprete, ha voluto provare. Certo, i critici diranno la loro sulla qualità della voce. Per me lui è un grandissimo interprete. Poi vedremo.
In bocca al lupo, Bellocchio.
Grazie, arrivederci.