di Carla Toffoletti
“ E’ un peccato che l’Università italiana prepari giovani a così alto livello per poi regalarli all’estero: e’ una grossa perdita per la ricerca”- ci dice Alessandro Renzaglia, 25 anni , laureato in fisica a La Sapienza di Roma e in partenza per un dottorato in Francia. “Non sono l’unico. Quasi tutti i miei amici di corso se ne sono andati o se ne stanno andando. Qui non ci sono assunzioni e i posti sono pochi . Poi , quando ti misuri con le condizioni della ricerca all’estero , non torni più”.
Francesco ci ha provato a restare. Dopo la laurea ha fatto richiesta per una borsa di studio all’INFN, ma i tempi sono stati più lunghi del previsto e l’attesa vana. A ottobre ci sarebbero stati gli esami di dottorato, ma è arrivata prima l’offerta per un dottorato in Francia, a Grenoble. Francesco ha accettato di corsa sia per la retribuzione immediata (1500 euro contro gli 800 che avrebbe preso in Italia), sia per le prospettive future. Ma il rimpianto resta .
“ L’Università italiana per la Fisica è un centro di eccellenza a livello europeo, soprattutto La Sapienza ha un corpo docenti eccezionale. Rimanere a lavorare con loro per me sarebbe stato il massimo, ma le assunzioni per noi ricercatori sono quasi impossibili. L’età media di un ricercatore italiano supera i 40 anni con uno stipendio di 1200 euro al mese. All’estero è tutto più facile. In Europa non ci sono concorsi.Ti presenti con il tuo curriculum, le tue pubblicazioni, fai un colloquio e, se sei appetibile, ti prendono. In Italia la burocrazia uccide. L’Italia investe troppo poco nella ricerca, ovunque all’estero si investe di più”.