Speciale Venezia 67


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Sofia Coppola, i film come terapia

La regista premio Oscar per 'Lost in translation' presenta a Venezia 'Somewhere'. In concorso anche il francese 'Happy Few' di Antony Cordier. Tre italiani sotto i riflettori: Roberta Torre con 'I baci mai dati' in Controcampo italiano, Stefano Incerti con 'Gorbaciof' Fuori Concorso e Pasquale Scimeca con 'Malavoglia' in Orizzonti

 



Piove forte sul Lido nel giorno di Sofia Coppola e del Leone d’Oro alla Carriera a John Woo. La regista premio Oscar per “Lost in translation” presenta a Venezia “Somewhere”. In concorso anche il francese “Happy Few” di Antony Cordier. Tre italiani sotto i riflettori: Roberta Torre con “I baci mai dati” i Controcampo italiano, Stefano Incerti con “Gorbaciof” Fuori Concorso e Pasquale Scimeca con “Malavoglia” in Orizzonti.

John Woo ritirerà il Leone d’Oro alla Carriera questa sera in Sala Grande. “Il riconoscimento – si legge nelle motivazioni - premia un cineasta che negli ultimi decenni, con la sua rivoluzionaria concezione della messa in scena e del montaggio, ha rinnovato dalle fondamenta, portandolo alla più estrema stilizzazione (prossima alle arti visive) il film d’azione, tanto in Asia (con titoli come A Better Tomorrow, 1986; The Killer, 1989; Bullet in the Head, 1990; Hard Boiled, 1991; il recente kolossal La battaglia dei tre regni), che a Hollywood (tre film fra tutti: Face/Off, 1997; Mission Impossible 2, 2000;Windtalkers, 2002)”.

SOMEWHERE
di Sofia Coppola, Usa 2010 (Medusa)
Stephen Dorff, Elle Fanning, Chris Pontius.

Parte dai suoi ricordi Sofia, ed esplorando ancora una volta la crisi esistenziale di un uomo, ci dice la sua sul “dorato” mondo dei divi.

Johnny Marco (Dorff) è un attore ricco e famoso. Vive nella stanza 59 del leggendario Chateau Marmont di Los Angeles, gira in Ferrari nera, partecipa ai party organizzati dal fratello, lap dancers si esibiscono per lui a domicilio, appena alza lo sguardo trova una bella ragazza che vuole andare a letto con lui ed assolve con diligente noia i compiti che la sua agente gli affida. Una vita addormentata nella quale l’arrivo di Cleo, figlia undicenne di un matrimonio fallito, apre una crepa. La madre non ci sarà per un po’ e Johnny per la prima volta è costretto a passare del tempo con sua figlia, per la prima volta impara a conoscere sua figlia, per la prima volta guarda la sua stessa vita e si accorge che quello che vede non gli piace.

“Somewhere”, anche per l’affetto quasi incondizionato che suscita sempre la sua autrice, è probabilmente uno dei candidati alla vittoria finale. Le atmosfere e i ritmi sono quelli rarefatti, lenti, con una luce tenue e lunghe inquadrature senza soluzione tipiche della regista. Con lampi di umorismo fulminante. E ci sono, come nel cinema del padre da qualche tempo a questa parte, i ricordi e forse anche i “conti” col suo passato di figlia. “Sicuramente sono stata influenzata dai ricordi della vita con mio padre, da bambina: ricordo quanto ero eccitata, all'epoca, di entrare grazie a lui nel mondo adulto, il mondo dello showbiz”, ammette. Ma è solo una parte: “Mio padre era diverso dal protagonista del film”. Uno dei ricordi che la regista ha inserito è la sua partecipazione dal bambina ai Telegatti a Milano. Si vedono Simona Ventura, Nino Frassica e Valeria Marini nei panni di se stessi, oltre a una Laura Chiatti ennesima amante di Johnny Marco. Una pennellata – che condividiamo - che disegna una televisione “deficiente” come poche, compreso l’agente italiano che si chiama Pupi (!). Lei minimizza: “Non volevo offendere la qualità della vostra tv. Credo che ormai lo show business e le tv siano uguali in ogni parte del mondo”. Che non è proprio come dire: la vostra tv non è “deficiente”.



HAPPY FEW
di Antony Cordier, Francia 2010 (Wild Bunch)
Marina Fois, Roschdy Zem, Elodie Bouchez, Nicolas Duvauchelle
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Il problema è che non siamo mai contenti. Cordier, al suo secondo lungometraggio dopo “Douches Froides” presentato a Cannes 2005, ci racconta cosa succede a due coppie felici.

 

Vincent incontra Rachel per lavoro. Entrambi hanno famiglia, ma scatta qualcosa. Organizzano una cena con Teri e Franck, i rispettivi compagni, che si attraggono immediatamente. Il gioco è fatto, ma a carte scoperte. Le due coppie di scambiano e i quattro cominciano a incontrarsi ogni volta che possono e mai a insaputa del partner. Una nuova giovinezza, come fidanzatini ma col senno degli adulti. Sembra quasi che siano meglio assortiti, più razionali Vincent e Rachel, più istintivi Franck e Teri. L’esperienza rivitalizza anche la vita di ognuna delle coppie, che già funzionava bene. Poi però il sesso diventa un veicolo per l’anima, e tutti e quattro, ognuno a modo suo, cercano di mettere un freno pur non volendo rinunciare alla nuova realtà.

 

Va detto che i francesi sono maestri nel raccontare il sesso liberamente e con laica eleganza. Alcune scene di “Happy Few” sono finora le più esplicite – senza mai essere volgari – di questa rassegna. Ma a parte questo, il film, che pure parte da un assunto interessante, non coinvolge. “Anche quando sei felice ti manca qualcosa”, dice uno dei protagonisti all’inizio. E va bene. Le persone intelligenti e oneste sono capaci di inventarsi nuovi modi di vivere la passione e i sentimenti. Giusto. Dallo stereotipo borghese dell’amante ci spostiamo al potere rigenerante della trasgressione, ma adulta, senza menzogna e finzione. D’accordo. Poi però ci viene ricordato che la trasgressione può riguardare al massimo il corpo, perché se tocca la testa e l’anima mette in discussione lo status quo e non sia mai! E si torna all’inizio. Ma come? Allora ci eravamo illusi. Cioè, non esiste l’amore assoluto ed esclusivo per una persona o abbiamo solo paura di scoprire quanto sono fragili le nostre convinzioni? Domande impegnative, alle quali Cordier non può rispondere.