Energia elettrica e bollette


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Caro bollette, in Italia 25-35% in più della media Ue

Secondo uno studio di The European House-Ambrosetti, presentato al Workshop di Cernobbio, il nostro Paese potrebbe recuperare il gap negativo grazie al nucleare h

Se il piano nazionale italiano del nucleare entrasse ora a regime, il costo delle bollette elettriche di cittadini e imprese italiane potrebbe recuperare il gap negativo che ora le vede superare del 25-35% il costo medio Ue. E' la stima che si evince dalla ricerca realizzata da The European House-Ambrosetti e presentata al Workshop di Cernobbio. L'Italia - sottolinea infatti la ricerca - ''dipende dall'estero per circa l'86% del fabbisogno di energia primaria (primo Paese al mondo per importazione di energia); dipende dai combustibili fossili per circa il 75% (quota tra le piu' alte al mondo)''. Per quanto riguarda la generazione elettrica, l'Italia ha oltre ''il 60% (contro una media del 27% nell'UE-27 nel 2008) dell'elettricita' prodotta da gas, petrolio e derivati, fonti che alterano il clima e sono costose e volatili; e' il maggiore importatore al mondo di elettricita' (14% dei consumi annui); aggregando l'importazione di combustibili fossili, l'Italia dipende dall'estero per oltre 7/8 del fabbisogno; e' il solo paese del G8, e l'unico al mondo con produzione elettrica superiore ai 250 TWh l'anno, a non disporre di generazione da fonte nucleare''. Per questo, con il piano nucleare attivo, cittadini e imprese finirebbero di pagare un prezzo dell'energia elettrica che oggi ''e' superiore del 25-35% a quello medio degli altri Paesi dell'Unione Europea''. Un risparmio legato soprattutto a ''minori costi di generazione, comprensivi del costo della CO2, per 43-69 miliardi di euro''.

La ricerca 'Il nucleare per l'economia, l'ambiente e lo sviluppò sostiene che il ritorno dell'Italia al nucleare può produrre "vantaggi economici derivanti da costi di generazione elettrica più bassi e stabili, benefici ambientali legati all'abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, vantaggi economici e occupazionali che scaturiranno dagli investimenti per la realizzazione degli impianti e sicurezza del sistema energetico nazionale prodotta dalla diversificazione delle fonti di approvvigionamento". Al lavoro hanno collaborato gli esperti dell'ENEA, dell'ISPRA, dei Politecnici di Milano e di Torino, dell'Università Bocconi, dell'Università degli Studi di Padova e dell'Osservatorio di Pavia. La ricerca formula alcuni scenari di studio per comprendere i possibili impatti derivanti dalla costruzione e dalla conseguente messa in esercizio di nuove centrali nucleari nel nostro paese, come previsto dal Governo attraverso la "Legge Sviluppo" del 2009. Si parte dai vantaggi economici e ambientali. Per lo studio l'introduzione di una quota del 25% di nucleare nel mix di generazione elettrico italiano permetterebbe di abbattere drasticamente le emissioni di CO2, e di ridurre e stabilizzare il costo di generazione. In 10 anni, tra il 2020-2030, si potranno avere: minori emissioni comprese tra 236 e 381 milioni di tonnellate di CO2, a seconda degli scenari di riferimento presi in considerazione; minori costi di generazione, comprensivi del costo della CO2, per 43-69 miliardi. A queste cifre potrebbero aggiungersi i benefici economici e occupazionali. Per ogni unità nucleare (tecnologia EPR) attiva potrebbero esserci 9.000 posti di lavoro in fase di costruzione (3.000 diretti e 6.000 indiretti e indotti); da 1.100 a 1.300 in fase di esercizio (circa 600-700 in sito diretti e da 500-600 indiretti e indotti); circa 150 diretti in fase di decommissioning. Il programma nucleare dell'Italia è anche - se sfruttato - un "trampolino di lancio" per l'industria nazionale per entrare nella catena di fornitura mondiale. Tranquillizzante lo scenario anche dal punto di vista della sicurezza. Con oltre 14.000 anni-reattore di funzionamento, vi sono stati solo 2 incidenti con danni rilevanti: Chernobyl e, in misura minore, Three Mile Island e "gli standard attuali rendono di fatto impossibile il ripetersi di situazioni simili". L'evoluzione della tecnologie permetterebbe inoltre di gestire le scorie a bassa e media attività in piena sicurezza. L'Italia dipende dall'estero per circa l'86% del fabbisogno di energia primaria (primo Paese al mondo per importazione di energia) e ciò incide pesantemente sulla spesa di cittadini e imprese per l'energia. Secondo la ricerca ad oggi il prezzo dell'energia elettrica in Italia per le imprese e i cittadini è superiore del 25-35% a quello medio degli altri Paesi dell'Unione Europea.