di Carla Toffoletti
Francesca Funiciello, 38 anni e 2 figli, è una “ricercatrice a contratto” presso il Dipartimento di Scienze Geologiche di Roma 3. "Questa è una delle forme migliori di lavoro precario all’interno dell’Università che ti possano capitare", ci racconta, “Prendo l’equivalente di un ricercatore ai primi anni di incarico, circa 1800 euro al mese. Siamo in pochi perché è una delle forme più onerose".
La storia è un po’ sempre la stessa: dopo la laurea alcuni anni di precariato con e senza contratti a Roma, dottorato in Svizzera, rientrata in Italia contratto triennale come assegnista di ricerca e poi valigia in mano, pronta a ripartire per un post-dot all’estero quando ha vinto inaspettatamente il premio EURY( European Young Investigator Award ) 2006, indetto dall’European Science Fondation ottenendo un finanziamento per 5 anni di 830mila euro. E poi?
“E’ brutto non intravedere un futuro. Già prima della Legge 133 la situazione non era rosea, ma adesso con i tagli previsti peggiorerà ulteriormente. Il sistema universitario va sicuramente riformato ma bisogna individuare meccanismi per premiare il merito e rendere valutabile il lavoro di ognuno di noi(eccellenza di risultati della ricerca, collaborazioni internazionali, capacità di ottenere finanziamenti nazionali e internazionali, impegno nelle attività didattiche). In questo modo i gruppi ‘virtuosi’ verrebbero finanziati e potrebbero continuare il loro percorso diventando poli di attrattiva in Italia e all’estero, mentre i ‘cespugli dorotei’ sarebbero immediatamente individuati e, limitandone i finanziamenti, eliminati. Servirebbe poi un percorso di ingresso più chiaro per accedere al posto di ricercatore perché è impossibile che tutti i dottorandi ce la facciano. Bisogna stabilire un rapporto credibile tra il numero di coloro che entra nel percorso di post-dot e il numero di coloro che diventeranno ricercatori. Il dottorato deve essere retribuito e deve avere valore giuridico, come avviene in tutto il mondo,un peso da poter spendere anche al di fuori dell’Università. Bisogna poi facilitare la mobilità di ricercatori tra differenti Atenei e creare attrattive per personale che viene dall’estero".
"Oggi siamo tutte persone che nascono nello stesso dipartimento- continua Francesca- E poi finiamola con la presa in giro dei concorsi :in tutto il mondo il reclutamento avviene per chiamata diretta, sulla base dei titoli e delle esperienze maturate .Se poi la attività del candidato prescelto verrà valutata negativamente, sarà il dipartimento a subire limitazioni di budget. Solo in questo modo si garantirebbe la scelta di persone di qualità, indipendentemente dal cognome o dall’appartenenza a gruppi/ giochi di potere e di scambio.
Negli Atenei bisogna aprire la strada ai giovani perché attualmente vige una ‘piramide rovesciata’ che vede tantissimi ordinari all’apice della carriera mentre il numero dei ricercatori è esiguo e questa anomalia va contrastata”.