di Mariaceleste de Martino
A volte si spendono più soldi per morire che per vivere. A Manhattan, dove la povertà muore ancora prima di esistere, c’è tutto il mondo al palazzo delle Nazioni Unite per fare il punto su un obiettivo ben preciso: dimezzare i poveri della Terra e quindi impegnarsi di più nella lotta alla fame nel mondo, il nemico più agguerrito del globo. I leader hanno cinque anni di tempo per mantenere le loro promesse.
Sono 140 i capi di Stato e di governo riuniti per tre giorni all'Onu per fare il punto sugli "Obiettivi del Millennio", il programma delle Nazioni Unite per dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015. Oltre a ridurre la fame e la miseria estrema, il progetto, firmato nel 2000 dai 192 stati membri, punta ad assicurare l'educazione primaria a tutti, a favorire l'uguaglianza tra i sessi, ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere l'Aids e altre malattie, salvaguardare l'ambiente e attuare un partnership globale per lo sviluppo.
Ogni giorno in tutto il mondo, 22mila bambini muoiono di fame e di malnutrizione o di malattie legate all’alimentazione. Per la Fao, gli affamati nel 2010 sono 925 milioni, 98milioni in meno rispetto al miliardo e 23milioni del 2009. Secondo l'Unicef, in 18 anni sono scesi del 34% i decessi per parto. A Times square, un orologio portato da Amnesty International terrà il conto delle donne che, nei giorni in cui si svolge il summit, moriranno per complicazioni durante la gravidanza o il parto. Il numero dei decessi segnati sul display digitale sono già 5milioni317mila280, il numero delle donne morte da quando è stata adottata la dichiarazione del Millennio.
Il vertice ha come obiettivo quello di adottare un documento finale che è stato negoziato nei mesi scorsi. Il documento fa riferimento ai fattori di sviluppo che rientrano nella responsabilità dei Paesi che ricevono gli aiuti, come la promozione della libertà, di società giuste e democratiche, del rispetto dei diritti umani. Ma non si registrano nuovi impegni dei donatori dal lato degli aiuti. Anche il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, tra i presenti al vertice per ribadire che gli aiuti, da soli, non possono risolvere tutti i problemi, ma che assieme al buon governo dei Paesi poveri possono concorrere a generare un processo di sviluppo.
"Non dobbiamo deludere i miliardi di persone che contano su di noi per soddisfare la promessa di un mondo migliore", ha detto il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha fissato come obiettivo di questo vertice nuovi stanziamenti pari a 45 miliardi di dollari. Lo ha scritto nel rapporto “Keeping the Promise” (Mantenere la promessa). “Il nostro mondo possiede le conoscenze e le risorse per raggiungere questi obiettivi. Non farlo – ha aggiunto Ban Ki-moon – sarebbe un fallimento inaccettabile dal punto di vista morale e pratico”.
Un appello ai leader mondiali è stato lanciato dal cantante irlandese, noto attivista politico, Bono Vox degli U2: "I recenti summit globali, da Copenaghen a Toronto, sono stati un fallimento totale, dovremo raddoppiare i nostri sforzi". Fa notare che grazie alla cancellazione del debito, milioni di vite sono state salvate. Secondo i dati raccolti dell’Onu e da altre organizzazioni, negli ultimi dieci anni sono stati fatti importanti passi in avanti nella lotta alla povertà e alla disparità tra Paesi ricchi e poveri, soprattutto per quanto riguarda l’alfabetizzazione, controllo delle epidemie e accesso a fonti d’acqua potabile. Progressi confortanti in alcuni Paesi africani: in Ghana 75% in meno della popolazione soffre di malnutrizione. In Etiopia, i poveri sono scesi dal 60% al 16%. Ma è ancora drammatica la condizione in alcune zone dell’Africa sub sahariana e dell’Asia meridionale e occidentale. In Nigeria, la povertà registra dati allarmanti: in 20 anni, le persone che vivono con poco più di un dollaro al giorno sono aumentate dal 49% al 77%.
Il tempo è poco e il lavoro da fare è tanto, quanto le promesse fatte negli anni passati. Tra gli scettici, l’economista Jeffrey Sachs, uno dei più autorevoli consulenti di Ban Ki-moon, sottolinea che “non esiste un piano d’azione dettagliato per attuare gli obiettivi proclamati”, e fa notare che gli aiuti degli Stati Uniti, annunciati all’Onu dal presidente Barack Obama, sono di 63 miliardi di dollari, ma di questi 32 miliardi sono già stati spesi nel 2008. “E’ un serio errore di politica estera – afferma Sachs – che l’America quest’anno spenda 100 miliardi per la guerra in Afghanistan, contro soli 10 miliardi per gli aiuti all’Africa che conta 800 milioni di abitanti”. Ma i Paesi non sono obbligati dagli Obiettivi del Millennio, che non è sono vincolanti né prevedono sanzioni per chi non mantiene le promesse. A pagarne le conseguenze, con la fame, sono i Paesi poveri.