Le famiglie italiane quest'anno pagheranno in media una 'bolletta' di 201 euro per l'acqua, con un incremento del 4,2% rispetto al 2009.
Enormi le differenze tra le regioni: gli abitanti della Toscana, infatti, si ritrovano con una tariffa di ben quattro volte superiore rispetto ai molisani. E' quanto emerge dal Blue Book, lo studio statistico ed economico che ogni anno fotografa la situazione del servizio idrico integrato (sii) in Italia, realizzato dal centro studi Utilitatis, in collaborazione con Anea (Associazione nazionale autorità ed enti di ambito). La spesa media per il sii (pari a 134 euro , per un consumo di 100 mc, e a 201 euro per 150 mc) è stata stimata sulla base dell'articolazione tariffaria in vigore nel 2010 in 49 bacini d'utenza, in cui risiedono 28,4 milioni di abitanti.
Considerando due utenze standard con consumo annuale di 100 e 150 mc, gli esborsi più elevati si registrano in Toscana (193 euro per un consumo di 100 mc e 301 euro per 150 mc), Liguria (178 euro per 100 mc e 258 euro per 150 mc) ed Emilia Romagna (173 euro per 100 mc e 270 euro per 150 mc). Mentre la spesa più contenuta si riscontra in Molise (43 euro per 100 mc e 73 euro per 150 mc) e in Lombardia (60 euro per 100 mc e 91 euro per 150 mc).
Analizzando un sottocampione di 26 bacini tariffari, si osserva che una famiglia con consumi annui di 150 mc è stata interessata ad un aumento di spesa del 6,5% tra il 2008 ed il 2010, facendo registrare un +2,2% tra il 2008 e il 2009 e un +4,2% tra il 2009 e l'anno in corso. Il prezzo medio nazionale , si spiega nel rapporto, risulta composto per il 90,9% da componenti a copertura dei costi: il peso maggiore è assunto dal servizio di acquedotto (47,1%), seguito dalla quota di depurazione (26,5%) e da quella di fognatura (11,3%). La quota fissa incide sul prezzo complessivo per il 6,1%.
Il sii, si legge nel Blue book, incide per lo 0,8% sulla spesa media mensile di una famiglia di tre componenti. L'esborso è di 21,9 euro/mese, importo inferiore, ad esempio, a quello pagato, in media, dalla stessa famiglia per l'acquisto di tabacchi (circa 26 euro/mese). Il confronto internazionale evidenzia che Roma, con 204 euro/anno, registra una spesa idrica tra le più contenute.
Nei prossimi 10 anni i consumi di acqua aumenteranno del 3%, con una richiesta maggiore in arrivo dalle isole e dal meridione. E' quanto emerge dal Blue Book, lo studio statistico ed economico che ogni anno fotografa la situazione del servizio idrico integrato in Italia, realizzato dal centro studi Utilitatis, in collaborazione con Anea (Associazione nazionale autorita' ed enti di ambito), presentato oggi. I volumi erogati oggi, su tutto il territorio, ammontano a 5,57 miliardi. Secondo il rapporto i consumi aumenteranno del 3% tra il 2010 ed il 2020, con incrementi particolarmente sensibili nelle isole e nel meridione pari, rispettivamente, a +7,2% e +4,3%.
Oggi i livelli per volume erogato più elevati si registrano nelle aree nord est e centro. La media ponderata per la popolazione residente del canone al metro cubo mostra un decremento dagli attuali 0,13 euro/mc ai 0,09 euro/mc previsti per il 2020. Trend simile anche per l'incidenza del canone pro capite, che a livello nazionale registra un decremento, per i prossimi 11 anni, pari al 21,7%. Passando all'analisi della tipologia degli oneri concessori, emerge che il debito pregresso a carico degli enti locali sia la componente più rilevante (incidendo per il 61,5%), seguita dalla quota per la concessione d'uso di beni (17,7%) e dalle spese per il funzionamento degli Ato (8,2%).
Riguardo il generale grado di accessibilità al servizio, si rileva che i tempi di risposta ai reclami e alle richieste scritte sono inferiori, in circa la metà delle gestioni, al valore medio standard (25 giorni). D'altro canto, nessuno dei gestori rispetta quanto stabilito dalle norme in termini di ore settimanali di apertura degli sportelli delle sede centrale (per legge, minimo 44 ore settimanali), con problemi soprattutto al Sud e nelle Isole.
I tempi medi di attivazione del servizio sostitutivo di emergenza per le aziende del campione sono inferiori alle 29 ore, sebbene 6 gestori su 17 non abbiano fissato alcuno standard per questo indicatore: in tali casi vale la soglia massima di 48 ore fissata dalle norme. Dal confronto tra l'esperienza italiana e quella di altri Paesi europei (Francia, Gran Bretagna, Spagna) emerge un quadro piuttosto eterogeneo, secondo il rapporto ''imputabile alla mancanza di una disciplina comunitaria in materia di qualità del servizio e tutela dell'utenza''.