di Mario Papetti
Si chiama Loretta Di Simone, ha 30 anni è laureata in Giurisprudenza e di mestiere fa l’imprenditrice agricola. Ed è lei il “giovane agricoltore europeo più innovativo”. Il riconoscimento le è stato conferito dal Commissario europeo per l’agricoltura e allo sviluppo rurale Mariann Fischer Boel per la “sua capacità di aver recuperato la tradizione facendola diventare innovazione”.
Loretta Di Simone ha un’azienda biologica di 170 ettari di seminativo e 20 di boschi a Tarquinia (VT) associata alla Confagricoltura. Nella sua impresa, dopo anni di sacrifici e con la collaborazione della sorella, ha ripreso la coltivazione del farro per farne semi e farina, soprattutto quella del grano duro “senatore Cappelli”, la cui produzione era stata abbandonata negli anni ’70.
“E’ un grano che cresce fino ad 1 metro e 80 ed è facilmente danneggiabile da vento e pioggia– dice Loretta Di Simone- ma dà grandi soddisfazioni perché in azienda ne estraggo una pasta particolare che commercio su Internet ed esporto in Germania e Austria”. Nella sua azienda il prodotto viene seguito dalla semina al pastificio. Loretta Di Simone ora sta pensando di brevettare il seme del “suo grano”.
Perché questa passione per l’agricoltura?
Nonostante una laurea in Giurisprudenza il richiamo della terra è stato sempre forte. Così ho deciso di tuffarmi nell’azienda di famiglia trasformandola.
Lei coltiva un tipo di grano che di fatto era sparito dalla circolazione. Come è nata l’idea?
Mio nonno lo ha coltivato fino agli ani ’70 poi la produzione è stata interrotta. Io ho deciso di scommettere su questa particolare coltivazione all’incirca tre anni fa. Poi l’idea di produrre anche pasta . In Italia sono solo cinque i pastifici che la producono. Anche perché il grano duro “senatore Cappelli” deve essere essiccato a una temperatura al di sotto dei 38° e da un ettaro al massimo se ne possono ricavare 15 quintali. E per molti è solo un rischio. Io invece ci ho creduto e i risultati mi stanno dando ragione.