Quello di Eluana non è il primo caso che fa discutere sul diritto a vivere e a morire: negli Stati Uniti si è consumata la vicenda di Terry Schiavo, in coma vegetativo persistente per 15 anni dopo un arresto cardiaco.
Dopo una vicenda giudiziaria analoga a quella vista per Eluana, nel 2005, i giudici federali autorizzano il marito e tutore legale, contro il volere dei familiari di lei, a staccare il sondino di alimentazione alla moglie.
Anche in questo caso, la persona oggetto della decisione non era in grado di esprimere la propria volontà, in quanto priva di coscienza. Quindici anni prima, nel 1990, è la storia di Nancy Cruzan a fare discutere, portando negli Usa alla legge sul testamento biologico, l’anno successivo.
Altro e diverso è il caso di Piergiorgio Welby, morto a 60 anni nel dicembre 2006.
Colpito a 18 anni da una forma di distrofia muscolare, Welby aveva perso gradualmente la capacità di muoversi e parlare, ma mai la coscienza.
Nel 2006 chiede al Presidente Ciampi di potere staccare la spina della respirazione artificiale, la stessa richiesta fatta al Tribunale di Roma. Welby sostiene l’accanimento terapeutico, il Consiglio superiore di sanità giuridica afferma il contrario, la Procura romana dà parere favorevole al ricorso.
Welby muore nella notte tra il 20 e il 21 dicembre, aiutato dall’anestesista cremonese Mario Riccio, che fisicamente scollega le macchine che tengono in vita Welby.
Deontologicamente corretto il suo operato per l’Ordine dei medici e archiviazione chiesta dai Pm. Il Gip respinge e rinvia Riccio a giudizio: il medico viene prosciolto perché “il fatto non costituisce reato”.
Anche Giovanni Nuvoli, malato di Sla– sclerosi laterale amiotrofica- rifiuta nel luglio 2007 l’alimentazione addominale.
La riprende quando gli viene assicurata la possibilità di staccare le macchine, ma l’anestesista disponibile a farlo viene bloccato dai Carabinieri, per ordine della Procura di Sassari.
Nuvoli riprende lo sciopero della fame e della sete, accettando soltanto farmaci antidolore.
Muore all’ospedale di Alghero, il respiratore viene spento tre ore più tardi.
Una vicenda ancora più recente riaccende e allarga il dibattito: un modenese di 50 anni, in buona salute, ha chiesto e ottenuto dal giudice tutelare la nomina della moglie come fiduciaria e garante delle sue "volontà di fine vita".
In pratica, un testamento biologico “ad personam”, in attesa di una legge al riguardo. Stilato da un notaio in scrittura privata, l’atto in cui l’uomo esprime le proprie volontà è stato concesso dal giudice cautelare con un decreto esecutivo: questo, a tutela del rispetto delle volontà dell’uomo, “per non trovarsi in una situazione simile a quella di Eluana”, ha spiegato l'avvocato Maria Grazia Scacchetti - parlando a nome del suo assistito, che ha scelto l’anonimato.
Secondo il Sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella si tratta di una “modalità surrettizia”: servirebbe invece, dice, una normativa che dia regole certe, in tempi brevi.
di F. M.
Nelle immagini, dall'alto, Terry Schiavo, Piergiorgio Welby e Giovanni Nuvoli