di Nello Rega
Quella che fino a ieri sembrava la “strada maestra” per ricomporre un Iraq dilaniato da violenze e guerre interreligiose, oggi appare più debole. Dopo 8 mesi di stallo, la vita istituzionale a Bagdad ha avuto una accelerazione repentina. In poche ore sono stati eletti il nuovo presidente del Parlamento e il nuovo Capo dello Stato, che nel giro di pochi minuti ha già indicato il prossimo premier.
In realtà “nuovo” è solo lo speaker dei deputati, il sunnita Osama Al Nujaifi, perché alla presidenza è stato rieletto il curdo Talabani, mentre alla guida del nuovo esecutivo è stato designato il premier uscente, lo sciita Al Maliki. Il tutto quasi dimenticando l’esito del voto legislativo del 7 marzo quando il partito di Al Maliki era stato sorpassato dala lista sciita-sunnita “Al Iraqiya” dell’ex premier Allawi.
Non sarà un compito facile, come testimonia la clamorosa protesta messa in atto ieri in Parlamento da una sessantina di deputati d Al Iraqiya che sono usciti dall’aula prima del voto sul presidente della Repubblica perché l’accordo di due giorni fa, a loro dire, non era stato formalizzato in Parlamento e perché chiedevano la liberazione di tre ex baathisti in carcere. La futura compagine di governo dovrà comprendere rappresentanti delle maggiori fazioni etniche e religiose e tenere conto dei risultati di marzo, in cui la lista di Allawi ha ottenuto 91 seggi, contro gli 89 di Al Maliki, su un totale di 325.
Il premier uscente in questi otto mesi di negoziati frenetici è riuscito a ottenere il sostegno dei partiti curdi e della lista sciita che fa capo al leader radicale Al Sadr, fino a poche settimane fa suo acerrimo nemico.
La lista di Allawi ha rinunciato alla guida del governo in cambio della presidenza di un Comitato incaricato di supervisionare la sicurezza nazionale, il ministero degli Esteri e la vice presidenza della Repubblica.
Secondo i giornali americani, la creazione del comitato per la sicurezza da affidare ad Allawi è stata fortemente voluta dall’amministrazione Obama per garantire ai sunniti una adeguata partecipazione al processo decisionale e per sradicare un possibile ritorno alle violenze, che nelle ultime settimane hanno colpito anche i cristiani. Gli Usa, che si preparano a ritirare tutte le forze entro il 2011, sperano di lasciare l’Iraq in una situazione di stabilità, con un governo rappresentativo e con forze di sicurezza ben addestrate a fronteggiare eventuali “rinascite terroristiche”.
“E’ una tappa importante nella storia dell’Iraq e che potrà dare al Paese un futuro di pace e speranza”, ha detto il presidente americano Obama, commentando il primo passo del nuovo accordo tra le fazioni irachene.
Talabani, leader curdo, ha ottenuto un mandato presidenziale per 4 anni. La sua riconferma dovrebbe spianare la strada alla formazione del nuovo esecutivo guidato da Al Maliki. Il premier designato avrà 30 giorni di tempo per mettere assieme la sua squadra di governo. Un compito non facile e che necessita di negoziati e “diplomatiche acrobazie” per non escludere nessuno. Intanto, i 26 iracheni feriti nell’attacco di Al Qaeda alla cattedrale di Bagdad saranno affidati da oggi alle cure dei medici del Gemelli di Roma. Il ministro degli Esteri Frattini ha accolto l’invito del Segretario di Stato vaticano Bertone. L’operazione umanitaria è stata organizzata dalla Cooperazione italiana allo sviluppo, in collaborazione con l’ambasciata d’Italia a Bagdad e l’Aeronautica militare.