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'Un capolavoro che fece scandalo'

Il parere del critico Franco Pecori 296_dolcevita

Sull’importanza de “La dolce vita” nella storia del cinema italiano, abbiamo chiesto il parere di Franco Pecori, critico cinematografico, saggista, autore della monografia “Federico Fellini” per la collana “Il castoro cinema” (ed. La Nuova Italia, 1974) e responsabile del sito specializzato www.critamorcinema.it

"Fece scandalo. Era il 1959 e la vita notturna e “dolce” della Via Veneto di allora colpì l'immaginario dell'Italia alle viste del boom economico. Attrici e attori in cerca di gloria effimera, divi in passerella, fotografi “paparazzi”, nobiltà sfaccendata. Era il rotocalco, contraltare dell'Italietta provinciale. La dolce vita fu scambiato per un “affresco” sociologico, fu attaccato da destra e da sinistra, giudicato immorale e lontano dal neorealismo. Era invece una clamorosa affermazione del cinema d'autore, dopo gli equivoci del neorealismo “documentario”. A Cannes ebbe la Palma d'oro.

Era un capolavoro. Era il proseguimento del viaggio “interiore” di Moraldo, il giovane che da Rimini va a Roma, alter ego di Fellini stesso. Dopo Moraldo/Interlenghi (I vitelloni), ecco Marcello, il Moraldo/Mastroianni, giornalista mondano un po’ spaesato tra “ispirazione” e “realtà”. L’occhio del regista vede “mostri” intorno a sé e li racconta in soggettiva, avvalendosi di artisti come Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi (sceneggiatura), Otello Martelli (fotografia), Nino Rota (musica), Marcello Mastroianni, Alain Cuny; e consegnando ai posteri figure e situazioni indimenticabili, come la Sylvie di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi".

G. C.

Foto Rai Teche