Catturato al Cern di Ginevra l’antidrogeno, anti-atomo dell’idrogeno. Il suo nucleo è costituito da un antiprotone circondato da un positrone, il “contrario” dell’elettrone. Nel romanzo di Dan Brown “Angeli e Demoni” una ricercatrice gira con un’ampolla di antimateria, per distruggere l’universo. Pura immaginazione? L’intervista a Lucia Votano, direttore del Laboratorio del Gran Sasso (L’Aquila) dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare, e la visita nei sotterranei rocciosi del massiccio appenninico, dove gli scienziati di tutto il mondo portano avanti progetti ed esperimenti per conoscere meglio, attraverso lo studio delle particelle elementari, la materia. E l’anti-materia.
Dottoressa Votano, innanzitutto ci tolga un peso. L’antimateria è veramente così prevalente e distruttiva, come racconta Dan Brown? Voi scienziati avete sempre detto che il “Big Bang” ha sprigionato una quantità enorme di materia e di antimateria, ma che ha vinto la prima, altrimenti l’Universo non ci sarebbe mai stato.
L’anti-materia è la materia con carica opposta, guardata allo specchio. Quando si incontrano si “annichilano” (da “annihilation”, termine inglese), si annullano trasformandosi in energia. Più esattamente, dopo il Big Bang, a causa della piccola dissimmetria creatasi tra materia e antimateria ha prevalso la prima. Quindi si è annichilita l’antimateria.
E l’hanno intrappolata al Cern?
L’antimateria esiste da sempre, per esempio si trova nei raggi cosmici nell’atmosfera. E’ stata teorizzata alla fine degli anni venti del secolo scorso. E la prima particella trovata è stata quella del positrone. Basti pensare alla Pet (Esame diagnostico oncologico, ndr), la Positron Emission Tomography, che utilizza il positrone, l’antiparticella dell’elettrone. Occorre spiegare che quello che sono riusciti a catturare è l’antidrogeno, cioè un atomo completo. Un atomo di idrogeno normale è fatto da un protone e da un elettrone che gli ruota intorno. L’antiatomo di idrogeno è composto dall’antiprotone e dal positrone, antiparticella dell’elettrone. Al Cern hanno intrappolato per circa un decimo di secondo 38 atomi di antidrogeno, facendo avvicinare l’antiprotone e il positrone, in modo da ricostituire l’antiatomo. Poi li hanno “confinati” per un tempo relativamente lungo, perché se fossero entrati in contatto con la materia ordinaria si sarebbero “annichiliti” subito.
Per il matematico Piergiorgio Odifreddi , quello del Cern è sicuramente “un ottimo risultato, ma non stupefacente per la scienza”. Anche lei la pensa così?
E’ importante dal punto di vista tecnico e tecnologico e della capacita’ di realizzazione di campi magnetici speciali per intrappolare gli antiatomi. E’ dunque propedeutico, rispetto a eventuali scoperte future. Perché lo scopo ultimo della ricerca è comunque ancora una volta quello di capire sottili differenze tra l’antiatomo e l’atomo e di riflesso la dissimmetria tra materia e antimateria del “dopo Big Bang” e arrivare a spiegare perché l’Universo è fatto solo di materia.
E anche cosa ha scatenato il “Big Bang”?
Bella domanda questa, ancora nessuno lo sa. Diciamo che nell’”istante zero” c’era solo energia pura, poi perché l’energia stava lì, proprio non lo sappiamo. Tornando all’antimateria intrappolata dal Cern, non credo che nessuno prenderà mai il premio Nobel per questo risultato, mentre per l’antineutrino sì, perché sarebbe una scoperta di fisica fondamentale.
Che sarebbe poi il risultato cui si potrebbe pervenire con l’esperimento Gerda (si pronuncia Gherda, spiega la dottoressa Votano). Si trova nella sala A del Laboratorio. Cosa si è scoperto, in pratica?
E’ un esperimento dedicato all’osservazione dell’evento rarissimo del “doppio decadimento beta senza neutrini”. Premessa, un neutrone si può trasformare naturalmente in un protone, con l’emissione di un elettrone e di un neutrino. Questo è un fenomeno comune, che avviene nella radioattività naturale. Poi ci sono alcuni nuclei che possono avere un “doppio decadimento” , cioè due neutroni contemporaneamente si trasformano in due protoni. E questo sarebbe il “doppio decadimento beta”, beta sta per elettrone, doppio decadimento elettronico, accompagnato comunemente anche da due neutrini. C’è però la probabilità che vengano emessi solo due elettroni, senza neutrini. Un evento rarissimo che è possibile solo se il neutrino coincide con la sua antiparticella, o la sua antimateria.
Che lo neutralizza?
In un certo senso si elidono a vicenda. Se questo fenomeno viene misurato, la natura del neutrino è quella ipotizzata da Majorana. Sarebbe in sostanza il “neutrino di Majorana”. E questo ci riporta all’ultima scoperta al Cern. L’antineutrino sarebbe ancora una volta molto importante per capire la natura intrinseca del neutrino. Ma soprattutto, potrebbe spiegare perché l’Universo è fatto di materia e non di antimateria . Se il neutrino coincide con la sua antiparticella, questo fenomeno sarebbe la causa o comunque potrebbe aver contribuito a creare la dissimmetria tra materia e antimateria subito dopo il Big Bang, che ha fatto sì che poi rimanesse solo la materia e non l’antimateria. In passato, ci sono stati altri esperimenti al Gran Sasso, dedicati al “doppio decadimento beta senza neutrini”, ma non sono riusciti a rilevarlo. Gerda però è più sensibile e speriamo che possa rivelarlo. Un altro esperimento, Cuore, entrerà in funzione nel 2014. Questi studi sono finalizzati soltanto all’osservazione delle microparticelle che compongono l’Universo, non alla riproduzione di certi processi che ci sono in natura, magari amplificandoli?
Mettiamola così, nel decadimento beta noi prendiamo isotopi del tellurio o del germanio, che possono decadere naturalmente. Questi sono nuclei candidati a questo processo, naturale, di decadimento nucleare spontaneo. E lo studiamo.
Un altro grande esperimento, che ci riporta al Cern di Ginevra, è Opera, nella sala C del Laboratorio, insieme all’altro studio Borexino.
Entrambi studiano i neutrini. In Opera arrivano dal Cern, Borexino invece osserva i neutrini del Sole, ma, grazie alla sua estrema radiopurezza, riesce anche a misurare i neutrini che vengono dall’interno della Terra e che un giorno potrebbero aiutarci a capirne meglio i movimenti tettonici. Poi è entrato in funzione Icarus, (che vediamo nella sala B del Laboratorio sotterraneo e di cui è responsabile il professor Carlo Rubbia, ndr), che sta raccogliendo degli eventi spettacolari. E’ composto da due cisterne uguali, ognuna contenente circa 300 tonnellate di argon liquido.
Opera di cosa si occupa?
E’ dedicato alla rivelazione dei neutrini prodotti dal complesso degli acceleratori del Cern di Ginevra e spediti qui, al Gran Sasso. Sono tutti di un unico tipo, muonico (gli altri due tipi noti sono l’”elettronico” ed il “tauonico”). Per decenni si è creduto che i neutrini non avessero massa, mentre, attraverso studi in questi anni, si è dimostrato che ce l’hanno, sia pure piccolissima. E’ proprio grazie a questa loro massa che può avvenire il fenomeno dell’”oscillazione”, cioè della trasformazione del neutrino da un tipo in un altro tipo. A luglio di quest’anno l’esperimento Opera è riuscito a fornire la prima prova diretta dell’”oscillazione del neutrino”, quindi del fatto che abbia una massa. Finora la prova era stata solo indiretta, per “scomparsa”, vale a dire si contavano i neutrini inviati e quelli arrivati nell’esperimento, come è successo ad esempio negli Stati Uniti, e quelli mancanti, scomparsi durante il percorso, si deduceva che si fossero trasformati in neutrini di altro tipo. Opera ha “fotografato” e identificato il neutrino tauonico, partito come muonico a Ginevra e trasformatosi nel viaggio fino al Gran Sasso.
Quanto è importante per noi questo risultato?
L’esperimento ha dimostrato che non ci sono più dubbi che il neutrino ha una massa. E’ importante per la fisica delle particelle elementari. Il neutrino è una particella elementare e la più diffusa nell’Universo. Il risultato ottenuto ci aiuta a capire come è fatta la materia. L’avere capito che ha massa ci costringe a cambiare il modello che descrive le particelle elementari e le loro interazioni. Inoltre, un neutrino con massa ci aiuta a capire meglio l’evoluzione dell’universo. Come al solito, l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo si sposano in queste ricerche.
Se il neutrino ha massa, vuol dire che ha un peso o che ha un’energia?
Secondo la teoria della relatività di Einstein la massa è equivalente all’energia. La massa è anche peso, ma non è la stessa cosa, perché il peso è in relazione alla forza di gravità.
Noi siamo attraversati costantemente da neutrini. Se hanno una massa non dovrebbero semplicemente attraversare, ma si dovrebbero scontrare con la nostra massa corporea e lasciare un segno.
La probabilità che un neutrino lasci un segno, che interagisca con il nostro corpo, è talmente bassa che non succede praticamente nulla. Io i neutrini li paragono ai fantasmi, che non si possono fermare. Comunque noi siamo attraversati costantemente da tutte le particelle dei raggi cosmici, che ci attraversano come una cascata. Le nostre cellule sono abituate da sempre ad essere bombardate dai raggi cosmici e sopravvivono tranquillamente. Il progetto Borexino?
Studia i neutrini che arrivano dall’interno del Sole, a differenza della luce che proviene solo dalla superficie. Poi come tutte le stelle, anche il Sole è una centrale a fusione nucleare. I neutrini che stanno dentro, nel cuore della centrale, sono “messaggeri” più attendibili.
Icarus, anche questo è un esperimento di misurazione dei neutrini che arrivano da Ginevra?
La caratteristica, però, rispetto a Opera, sta nel diverso apparato sperimentale. Le due camere di argon liquido danno una finissima e spettacolare immagine tridimensionale degli eventi che avvengono al loro interno. Anche dal punto di vista tecnologico del rilevatore, è un esperimento innovativo. Potenzialmente quindi, non solo è in grado di vedere i neutrini dal Cern, ma anche ad esempio quelli emessi nei collassi gravitazionali stellari. E siccome nel futuro si vorrà studiare anche il decadimento del protone o i decadimenti stellari con maggiore sensibilità, questo è il primo passo decisivo verso la costruzione di mega-apparati.
Laicità degli scienziati. Vi trovate a studiare e spiegare fenomeni grandiosi. Per fare questo che tipo di approccio dovete avere?
Dobbiamo seguire il metodo scientifico, codificato da Galileo Galilei in due regole: a) Il linguaggio della natura è scritto con la matematica e, b), il metodo scientifico si basa sulla riproducibilità. Io devo fare un esperimento, lo descrivo attraverso la matematica, e chiunque rifaccia quell’esperimento deve trovare lo stesso risultato. Ciò che è vero scientificamente è provato sperimentalmente.
Le applicazioni dei risultati delle ricerche come avvengono?
Avvengono naturalmente oppure ci sono industrie che ne fanno uso. C’è un aneddoto che raccontiamo sempre. Faraday, uno scienziato di due secoli fa, dell’Ottocento, studiava l’elettromagnetismo. Oggi ci sono mille cose che si basano su questo. Una volta andò da lui un ministro inglese. “Questi studi a cosa servono?”, gli chiese. “Io non lo so, ma sicuramente qualche suo collega in futuro ci metterà sopra una tassa”, rispose Faraday. Se si conosce meglio la natura, l’applicazione viene da sé, e’ solo questione di tempo.
Dalla scienza ai conti, dottoressa Votano. Il laboratorio costa molto?
Il Gran Sasso è uno dei 4 laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Per la parte di infrastrutture tecniche (elettricità, aereazione, sistemi sicurezza) necessarie al funzionamento del Laboratorio (che ha un volume di 180000 m3 ) e a quello degli esperimenti e per garantire condizioni ottimali di lavoro al suo interno, siamo nell’ordine di un po’ meno di 8 milioni di euro l’anno. Non è una grossa cifra. Poi ci sono le spese per ciascun esperimento, che vengono gestite dalle commissioni scientifiche nazionali.
Pagati dal Ministero?
Sì, siamo un Ente pubblico.
Avete sponsor privati?
Noi utilizziamo anche i finanziamenti europei e poi gli esperimenti sono collaborazioni internazionali in cui i costi vengono divisi tra tutti gli Istituti che vi partecipano. In Opera per esempio c’è stato un grosso contributo dai giapponesi. Per ogni collaborazione vengono predisposti dei memorandum, delle convenzioni che ne regolano anche la distribuzione dei costi.
Ci sono esperimenti che non si possono realizzare in Italia e qui?
Per gli studi di fisica astroparticellare, noi siamo il più grande Laboratorio del mondo. Semmai è solo una questione di spazio.
Questa istituzione è stata mai messa in discussione?
Vi siete mai sentiti dire: riduciamo i costi, perché non è il caso di portarla avanti… In pratica ci è già successo. Negli ultimi 10 anni i finanziamenti sono diminuiti del 23 per cento. Quello che ci ha fatto molto male sono stati i vari stop dei reclutamenti, anche con l’ultima manovra economica, con i tagli sul personale, blocchi del turn-over, limitazione sul personale a tempo determinato, ci fanno perfino peggio rispetto al taglio dei finanziamenti.
Non si comprende appieno l’importanza della ricerca?
Noi siamo delle briciole rispetto a quello che costa la politica o altro. Otto milioni di euro l’anno, manco lo stipendio di un calciatore. Anche come numero di dipendenti: siamo due mila persone in tutto l’Infn che ha un bilancio globale annuo di circa 270 milioni l’anno. Quando si taglia al 20% il turnover e il 50% dell’organico a tempo determinato, qual è il risparmio per lo Stato? Il danno in termini culturali e soprattutto per il futuro del Paese, però, è enorme. E questo è un ritardo culturale dell’Italia, che non capisce che se non si investe in ricerca, non usciamo dalla crisi e siamo destinati a scivolare verso i paesi del Terzo mondo. Noi ci salviamo, se facciamo innovazione. Non possiamo competere con i milioni di persone del Terzo mondo che hanno cento volte più fame di noi e sono disposti a lavorare cento volte di più. L’Infn è un ente leader mondiale nel campo della fisica, in questo modo rischiamo di perdere generazioni di scienziati.
Non crede che si faccia un discorso molto brutale, del tipo “andiamo a tagliare dove i risultati si vedranno tra qualche anno, piuttosto che togliere alla Sanità”, ad esempio?
Può essere vero che in qualche ente di ricerca o nelle Università ci possano essere degli sprechi, non vogliamo presentarci come paladini senza macchia. Ma il nostro è un Ente di spicco. Il problema è che se non si investe nella ricerca si rischia di distruggere una posizione di preminenza a livello mondiale. E’ facile distruggere, ma molto più difficile ricostruire. A luglio ero al congresso mondiale sul neutrino. Ho notato il numero di scienziati dal cognome italiano che rappresentavano istituzioni estere, Parigi, Bruxelles, etc.. Non sono figli di immigrati, no. Sono scienziati che fino a poco tempo fa stavano in Italia. E’ una fuga inarrestabile, che invece andrebbe fermata.