L'annuncio, dalle pagine della rivista scientifica The New England Journal of Medicine, è di quelli che apre le porte alla speranza: è stata testata, ed i risultati sono definiti più che soddisfacenti, una specie di 'pillola del giorno prima', una pillola preventiva, in grado cioè di prevenire e dunque ridurre drasticamente il tasso globale di contagio da virus Hiv. Una pillola da prendere quotidianamente e che, nel campione considerato, ha ridotto fino al 70% il rischio di contrarre l'Hiv, tra persone sieronegative. Ma lo studio, condotto in 11 centri di sei Paesi (Sudafrica, Tailandia, Perù, Brasile, Usa, America Latina) non ha mancato di suscitare dubbi.
La nuova pillola è la combinazione di due farmaci (emtricitabina e tenofovir) che hanno la funzione di interferire con l'abilità del virus Hiv di replicarsi nelle cellule. La combinazione dei due farmaci antiretrovirali assunta oralmente, rileva lo studio, ha ridotto del 44% il tasso di infezione nel campione di uomini omosessuali considerato nello studio.
Ma il primo dubbio relativo alla nuova 'pillola preventiva' riguarda la platea dei destinatari: a chi dovrebbe essere indirizzato il nuovo farmaco? Ed ancora, si chiedono alcuni esperti, la possibilità di ricorrere ad una pillola 'preventiva' non rischia di incoraggiare comportamenti sessuali pericolosi? Si tratta, risponde il direttore del Dipartimento del farmaco dell'Istituto Superiore di Sanità, Stefano Vella, ''di uno studio molto importante, che rappresenta un passo avanti nella lotta a questa malattia, ma altro discorso è l'applicazione pratica che un simile farmaco potrebbe avere: potrebbe essere destinato alla popolazione a più alto rischio di contagio, ma non si può pensare a un uso generalizzato''.
Si pone, dunque, un problema di ''equità'' nell'accesso al nuovo farmaco, come rileva la bioeticista e membro del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) Cinzia Caporale: ''se il farmaco si rivelasse effettivamente molto efficace - commenta - si porrebbe un problema poiché si dovrebbero mettere in grado quante più persone possibile di accedere al farmaco, a partire naturalmente dalle categorie più a rischio e dai Paesi più poveri''. Infine, ''sarebbe necessaria un'informazione accurata per evitare - avverte la bioeticista - che il farmaco preventivo possa essere visto come una sorta di 'antidoto' ai comportamenti sessuali a rischio''.
Dubbi vengono anche da Rosaria Iardino, presidente del Network persone sieropositive: ''Si rischia - osserva - un uso del farmaco errato, con conseguenze fatali, e il pericolo di vanificare le numerose campagne di prevenzione che stiamo portando avanti''. E per il direttore scientifico dell'Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Giuseppe Ippolito, la 'pillola del giorno prima' per l'Hiv è importante, ma la principale arma contro l'Aids rimane la prevenzione. Lo studio, afferma l'esperto, ''dimostra la possibilità di utilizzare una combinazione di farmaci per prevenire l'infezione; La prevenzione non farmacologica rimane però la prima e più importante strategia contro l'Hiv''.
Su questo è d'accordo anche Vittorio Agnoletto, già fondatore della Lega italiana per la lotta contro l'Aids, secondo cui ''non esiste alcuna pillola del giorno prima in grado di prevenire l'Aids'' e che parla anche di ''cinica operazione di marketing''. ''Anziché intervenire sui comportamenti a rischio rilanciando la prevenzione e le campagne di sensibilizzazione - afferma Agnoletto - si sceglie di rinunciare a provare a modificare tali comportamenti e si sceglie di somministrare terapie 'pesanti' a persone sane''.