Giornata contro la violenza sulle donne


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Più pericoloso essere donna che soldato

Discriminazioni e violenze si aggravano nelle situazioni di guerra soldato_donne_296

di Bianca Biancastri

Lo stupro come arma di guerra è la più atroce delle violenze contro le donne, anche se ne esistono diverse altre. E malgrado le efficaci mobilitazioni a difesa dei diritti delle donne, il numero degli abusi contro di loro è allarmante. Secondo il Center for women’s global leadership (Cwgl) proprio il militarismo appare spesso come la struttura chiave di perpetuazione della violenza.

“Strutture di violenza: definire le connessioni tra militarismo e violenza contro le donne” è il tema della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2010 che ricorda il brutale assassinio nel 1960, su ordine del dittatore Rafael Trujillo, delle tre sorelle Mirabal, attiviste politiche nella Repubblica Dominicana.

Nelle guerre odierne è più pericoloso essere donna che soldato. Secondo la Campagna delle Nazioni Unite “UnAction-Stop rape now”, in Bosnia Erzegovina nei primi anni ’90 si sono verificati dai 20mila ai 50mila casi di stupro; in Ruanda, nel 1994,dai 250mila ai 500mila; in Sierra Leone sono tra le 50mila e le 64mila le donne sfollate che hanno subìto violenze sessuali da parte di combattenti della Repubblica Democratica del Congo, una media di 40 donne stuprate al giorno. Ed è per questo che la Fondazione Pangea Onlus denuncia che soltanto 20 su 192 Paesi membri delle Nazioni Unite hanno preparato i piani d’azione nazionale basati sulla risoluzione Onu 1325 che esorta, tra l’altro, a una maggiore protezione dalla violenza di genere nei Paesi in conflitto, a porre fine all’impunità e a sottoporre a giudizio i colpevoli di crimini ai danni di donne e ragazze. “Troppe donne sono ancora violentate, rapite, umiliate. Perché se le donne vengono escluse e marginalizzate non c’è speranza di raggiungere una pace duratura e sostenibile”, spiega Pangea che sostiene l’inclusione delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti e nella ricostruzione della pace.

Amnesty International ha lanciato diversi appelli a livello mondiale per chiedere la fine dell’impunità e della violenza sulle donne in situazioni in cui il perpetrarsi degli abusi è alimentato dall’indigenza e dall’insicurezza. Le donne del Darfur nei campi profughi in Ciad rischiano quotidianamente violenze e abusi, sia quando escono per andare alla ricerca di acqua, cibo e legna da ardere, sia all’interno dei campi. Secondo l’organizzazione per i diritti umani, non c’è una società nel mondo dove le donne non rischino violenze basate sulla discriminazione di genere, violenze che impediscono alle donne di prendere parte alla vita sociale e di realizzare i loro diritti umani. Nonostante lavorino due terzi delle ore lavorative mondiali e producano la metà del cibo del pianeta, le donne guadagnano il 10 per cento del reddito mondiale e posseggono meno dell’1 per cento della proprietà mondiale. In generale, la loro voce ha una scarsissima probabilità di essere ascoltata. Molte soffrono ulteriori discriminazioni a causa della loro etnia, religione, stato civile, disabilità. La discriminazione e la violenza di cui sono vittime, secondo Amnesty International, si aggravano nelle situazioni di conflitto.

Costumi, cultura e religione si uniscono alla povertà per negare alle donne la libertà e l’accesso ai processi politici. Se le donne e le ragazze fanno le loro scelte, a volte pagano con la vita. Le cronache ci raccontano di casi come quelli di Sakineh, in Iran, e Asia Bibi, in Pakistan, ma non sono i soli. Anche quando le donne denunciano e fanno valere i loro diritti o i diritti di altri gruppi emerginati possono correre seri pericoli. Per esempio,in Zimbabwe, secondo Amnesty International, le attiviste dell’organizzazione Women of Zimbabwe Arise (Woza) sono state a più riprese arrestate nel corso degli ultimi anni e sono state tra gli obiettivi della repressione governativa per aver dimostrato pacificamente contro il peggioramento della situazione sociale, economica e dei diritti umani.

“Denuncio tutte le forme di violenza contro le donne. Gli attacchi a danno delle donne provocano molto più che semplice sofferenza individuale, poiché mettono a repentaglio la pace. Se siete testimoni di crimini contro le donne, parlate. Parlate. Unitevi a me nella condanna delle violenze e nell’individuazione dei responsabili”, dichiara il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro la donna. “Nessuno ha il diritto di aggredire le donne o usare la violenza sessuale come un’arma di guerra. Unitevi a me”, gli fa eco Margot Wallstrom, rappresentante speciale Onu per la violenza sessuale in contesti di conflitto.