L'adeguata assistenza domiciliare per seguire un paziente in fase terminale di malattia è oggi un miraggio per il 60% degli italiani, circa 36 milioni di persone. E per ben 6 milioni, l’unica figura di riferimento è il medico di famiglia. Figli, mogli, mariti costretti a provvedere a proprie spese a infermieri e altre figure necessarie. Un costo che può raggiungere i 3.000 euro mensili in assenza di organizzazione e supporti. Con una programmazione centralizzata, sarebbero invece sufficienti soli 8 euro all`anno della quota capitaria che lo Stato destina ad ogni cittadino (1.700 euro ogni 12 mesi) per assicurare figure professionali specializzate per assistere il malato a casa fino agli ultimi giorni.
A 'fare i conti' è la Simg, la società italiana di medicina generale, riunita fino a domani a Firenze nel congresso nazionale, che per la prima volta ha realizzato in Italia un`indagine a tappeto sul tema delle cure palliative. Esiste un gradiente nord-sud - spiega la Simg - che vede il meridione in situazione più critica, ma anche in alcune zone settentrionali il servizio è carente: a questa prima ricerca, compiuta a livello nazionale hanno risposto ben il 97% delle Asl presenti sul territorio e centinaia di Centri. "Emerge, purtroppo - spiega la Simg - che le cure palliative restano spesso l'espressione dell'iniziativa singola".
Lo studio analizza la percezione che di queste cure hanno gli operatori sanitari, esplorando le opinioni, il livello di conoscenza del problema, le attitudini e i comportamenti dei principali professionisti dell`assistenza domiciliare in ogni Regione. Su questo fronte, i risultati sono incoraggianti: la cultura media è buona e il servizio, dove esiste, raggiunge livelli di eccellenza. Il 53% garantisce una continuità assistenziale sulle 24 ore ed il 45% una pronta disponibilità medico-infermieristica.