di Sandro CaliceTHE KILLER INSIDE ME
di Michael Winterbottom, Usa 2010 (Bim)
Casey Affleck, Jessica Alba, Kate Hudson, Simon Baker, Elias Koteas, Bill Pullman, Rosa Pasquarella, Ned Beatty, Liam Aiken, Jay R. Ferguson, Brent Briscoe, Tom Bower, Matthew Maher, Zach Josse, Blake Brigham.
La ferocia che si nasconde dietro e dentro la normalità fa più paura di quasiasi altra. “The killer inside me” è tratto dall’omonimo romanzo di Jim Thompson, un libro del quale Stanley Kubrick disse: “E’ forse la più agghiacciante e verosimile storia di una perversa mente criminale, raccontata in prima persona, che mi sia mai capitato di leggere”.
Lou Ford (Affleck) è il giovane vicesceriffo di una cittadina del Texas negli anni Cinquanta, agli albori del boom petrolifero. Classico bravo ragazzo figlio di buona famiglia, Lou è amato e rispettato da tutti. Peccato che tutti non sappiano che Lou è uno psicopatico assassino, un sadico violento. Il giorno che Chester Conway, il padrone della città, lo manda da Joyce (Albaa), quella prostituta che vive in periferia e per la quale suo figlio Elmer si è invaghito, per dirle di andarsene, Lou inizia con lei un rapporto sado-maso che risveglia in lui un’ancestrale furia bestiale. Comincia un catena di violenze, omicidi, depistaggi, imbrogli in cui Lou sembra stare perfettamente a suo agio, nonostante l’incombente senso di tragedia, nonostante la sensazione che nessuno sia destinato alla salvezza.
Data la caratura e la tipologia del romanzo non era semplice il compito di Winterbottom (“Genova”, “Road to Guantanamo”, “Wonderland”), che pure ha provato ad attenersi didascalicamente al racconto. Il racconto in soggettiva di un uomo ferito dal passato, che non è mai stato educato alle emozioni, distruttivo, più violento proprio quando è più amato, perché sente la sua inadeguatezza. Così paradossale e sdoppiato nella sua vita, che addirittura si può provare simpatia per lui, quella simpatia perversa che ci affascina nel male. Tutti pensieri e sensazioni, però, che restano solo a livello di intuizione nel film, che riesce poco e male a disegnare psicologicamente il personaggio del protagonista (quindi l’intera storia) e il suo precipitare nel baratro della sua psiche malata, lasciando come appese tanto le scene di sesso che quelle crude di violenza, quasi che lo sguardo analfabeta d’emozioni di Lou avesse contagiato anche il regista.