di Marco Rossi
Per coloro, pochi, che pensano ancora al calcio come al gioco più bello del mondo arriva una doccia fredda sotto forma di un libro dossier “Le mafie nel pallone” curato da Daniele Poto in collaborazione con Libera, edizioni Gruppo Abele, distribuzione Giunti, 266 pagine.
L’inchiesta fotografa la realtà del calcio partendo da episodi ormai lontani per arrivare alla cosiddetta “calciopoli” e agli scandali più recenti. Ma il significato va al di là della semplice cronaca e cerca di individuare gli inconfessabili legami tra operatori del mondo del pallone, sottobosco criminale e organizzazioni mafiose. Quello che potrebbe apparire come caso accidentale è in realtà funzionale a situazioni di malaffare consolidate.
Il dato che più sembra stare a cuore all’autore è quello di dimostrare come il cancro mafioso parta dal basso, molto in basso. Vale a dire da quelle categorie minori del Sud, ma non solo, che attirano l’interesse di clan e faccendieri. Il calcio come poche altre attività permette di parcheggiare capitali, farli circolare in maniera illegale, realizzare evasioni fiscali, ma soprattutto consente un controllo del territorio e del consenso in realtà a rischio. Fermi restano i lati oscuri delle scommesse clandestine e non, e la vera e propria tratta di giocatori che consente di gonfiare o mascherare ricavi e occultamenti di denaro.
Come dice giustamente Gianni Mura nella prefazione “dove c’è un pallone ,uno stadio,una squadra di calcio ci sono soldi, moltissimi soldi, ma il pallone è anche uno strumento di consenso e di potere. Basterebbe una sola di queste tre presenze per attirare le mafie”. L’autore snocciola fatti,nomi e situazioni qualche volta in maniera forse troppo apodittica, ma è un lavoro prezioso che farà scoprire ai non addetti ai lavori quanto di nascosto e pericoloso ci sia sullo sfondo di un rettangolo verde. Poto non trascura i fatti eclatanti della storia calcistica, dallo scandalo scommesse del 1979-80 all’attualità di calciopoli ma la parte più interessante riguarda le serie minori. Qui si dispiega l’attività capillare di mafia, ndrangheta, camorra per truccare partite e realizzare profitti con le scommesse ma soprattutto per controllare il territorio.
L’ ”ambiente” è succube e spesso colluso. Uno dei casi esposti con dovizia di particolari è quello del Potenza calcio, ma ce ne sono decine al Sud come al Nord. Ultimo ma non ultimo è il risvolto della ricerca del consenso politico attraverso il rettangolo di gioco. Il “Panem et circenses”è sempre esistito ma a chi crede nel gioco più bello del mondo non potrà non far correre un brivido nella schiena la storia di Arkan, massacratore serbo, che reclutò la maggior parte delle sue “Tigri” sugli spalti della Stella Rossa di Belgrado.
A guerra civile jugoslava finita, Arkan si impadronì di una squadra che divenne un esempio da manuale di criminalità applicata al pallone prima di finire crivellato di colpi al tempo del regolamento dei conti. Una storia esemplare che si farebbe bene a non considerare lontana perché con tinte e modalità diverse il pallone rischia di essere avvelenato ad ogni latitudine.