Avanza l'età, peggiora l'assistenza


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Sei troppo anziano, non ti curo più

Una ricerca su 440 mila assistiti in varie asl italiane condotta dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria con la collaborazione della Fondazione Sanofi-Aventis fa emergere una realtà inquietante. Eppure le terapie continuano ad essere efficaci anche in età molto avanzata anziani_296


di Maurizio Righetti

Con le dovute attenzioni ai dosaggi e alle controindicazioni, medicine e dispositivi sanitari sono tra i fattori che hanno contribuito e sempre più possono contribuire all’allungamento della vita media e al miglioramento della sua qualità. Ed è dimostrato che controlli e terapie farmacologiche corretti rappresentano un salva-vita. Eppure sono sempre più numerosi gli anziani bisognosi di cure che in Italia non accedono ai trattamenti messi a disposizione dai progressi della ricerca. Si scopre anzi che, con l’avanzare dell’età, la qualità delle cure peggiora e si riducono drasticamente, fino a dimezzarsi, le prescrizioni farmacologiche ed i controlli diagnostici raccomandati dalle linee-guida.

E’ quanto emerge dai dati preliminari della più ampia indagine sulle condizioni degli anziani italiani e sul livello delle cure che vengono loro offerte, “Salute e benessere dell’anziano”, condotta negli ultimi 12 mesi dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria con la collaborazione della Fondazione Sanofi-Aventis, sulla base degli archivi delle Aziende sanitarie locali 2006/2008 relativi a 440.000 assistiti. «Si tratta – dice Arturo Zanni, direttore generale Sanofi-Aventis di un’indagine di particolare importanza, oltre che per il numero di pazienti analizzati, soprattutto perché abbiamo in mano dati reali, una fotografia molto precisa e dettagliata».

Il servizio sanitario nazionale considera poco gli anziani
Il 70% degli anziani soffre di almeno una patologia cronica tra quelle più comuni e c’è un incremento considerevole del numero di casi per tutte le principali patologie. Ogni anno, infatti, in Italia 150.000 over 65 vanno a ingrossare le fila dei pazienti che hanno subito un infarto miocardico o un ictus. Altri 150.000 scoprono di avere il colesterolo alto, oltre 100.000 si ammalano di broncopneumopatia cronica ostruttiva, 60.000 sviluppano un disturbo depressivo; i nuovi casi di osteoporosi fra gli anziani sono 60.000 all’anno, di diabete circa 45.000. Un esercito di nuovi pazienti che però, spesso, non riceve le cure adeguate: man mano che l'età sale, cala il numero di anziani a cui vengono prescritti i farmaci più indicati o che vengono sottoposti alle visite e agli accertamenti raccomandati. L'aumento continuo del numero di over 65 ammalati è prevalentemente attribuibile all’aumentata aspettativa di vita media, che consente a più individui di raggiungere la tarda età: «A questo però non è corrisposto un analogo aumento delle cure prestate a questi pazienti che, anzi, paiono sempre più “trascurati” dal Servizio Sanitario man mano che l'età avanza”, spiega Niccolò Marchionni, presidente della Soc. it. Gerontologia e Geriatria. “Nel caso delle malattie cardio-cerebrovascolari, che riguardano oltre il 60 per cento degli over 65 e sono le patologie più frequenti in questa classe di età abbiamo ad esempio registrato nel 76 per cento dei casi un sostanziale sotto-trattamento con i farmaci raccomandati dalle linee guida nazionali e internazionali», aggiunge Marchionni.

Scorretto pensare che negli anziani le terapie non servano a nulla
In base alla ricerca oltre la metà degli anziani risulta a rischio per la riduzione delle cure. Dopo l’infarto, ad esempio, i pazienti over 80 che non ricevono terapie adeguate sono il triplo rispetto a quelli con meno di 70 anni, e anche la frequenza delle indagini diagnostiche a cui vengono sottoposti i grandi anziani si dimezza rispetto ai pazienti “più giovani”. Ad esempio, il 12 per cento dei pazienti con meno di 70 anni non riceve gli antipertensivi, ma la percentuale sale al 30 per cento negli over 85. Le statine hanno un “crollo” deciso, passando dal 12 per cento di pazienti non trattati con meno di 70 anni a ben il 50 per cento degli ultra85enni. Gli antiaggreganti non vengono prescritti al 17 per cento degli over 85; ma anche qui c'è una flessione significativa, perché nei pazienti con meno di 70 anni le mancate prescrizioni si fermano al 3 per cento. Con l'andare degli anni si va incontro anche a una “sotto-diagnosi”: gli accertamenti per verificare la quantità di colesterolo “cattivo” nel sangue, ad esempio, vengono richiesti al 26 per cento dei pazienti con età compresa fra i 65 e i 69 anni, ma appena al 7 per cento degli over 85. «Questi dati - precisa Marchionni - mostrano una mancata o insufficiente utilizzazione, nei pazienti anziani, di terapie e interventi che potrebbero mantenerli in salute. Anche se, talora è il paziente stesso che, in quanto anziano, segue le terapie con maggior difficoltà o dimentica di assumerle. Ma per garantire un adeguato trattamento è necessaria una maggiore convinzione dei medici a impegnarsi nella tutela della salute degli over 65, che in Italia sono ormai 12 milioni e sono destinati a crescere con l'aumento dell'aspettativa di vita, con espansione soprattutto della fascia degli ultra80enni, destinati ad aumentare entro il 2030 di oltre il 700% rispetto al censimento del 1951. La spesa sanitaria annua pro capite per terapie e accertamenti in pazienti con recente infarto miocardico, ad esempio, si riduce da 1016 euro fra i 65 e i 69 anni a 453 euro negli ultra85enni. Ciò almeno in parte deriva dall'errata convinzione che una persona molto anziana non tragga significativi benefici dalle terapie. Non è affatto così e le terapie farmacologiche si dimostrano almeno altrettanto efficaci anche negli ultra85enni. In tempi meno recenti, invece, è passato il messaggio che non sia “conveniente”, dal punto di vista economico e clinico, trattare bene un paziente man mano che invecchia: una convinzione smentita dai risultati della ricerca Sigg-Sanofi-Aventis».

Lo scarso interesse per gli anziani alla fine diventa anche una spesa maggiore
Lo studio condotto non si limita a documentare il sotto-trattamento, progressivamente più rilevante all’avanzare dell’età, ma ne valuta anche le conseguenze. Per ogni fascia d’età, anche quella degli ultra85enni, la mortalità e la morbilità dopo infarto miocardico è risultata in media del 70 per cento inferiore nei pazienti che avevano ricevuto tutte le terapie farmacologiche raccomandate, rispetto a quelli trattati in modo inadeguato. “Anche in pazienti molto anziani colpiti da un infarto, nei quali i farmaci vanno utilizzati con cautela per un maggior rischio di eventi avversi, la loro corretta prescrizione si rivela efficace e fornisce un contributo fondamentale per allungare la vita, migliorarne la qualità e ridurre eventi letali» commenta Marco Scatigna, Dir. Gen. Fondazione Sanofi-Aventis, Dir. Scient. Sanofi-Aventis e Docente di Farmacologia Clinica all’Università di Milano. «Il profilo generale di scarso interesse nei confronti dei bisogni di salute soprattutto dei grandi anziani che emerge dalla nostra indagine- specifica - è difficilmente accettabile: un paziente anziano a cui non vengono prescritti farmaci ed esami può sembrare superficialmente un risparmio spesa ma, alla fine, è vero l'opposto. I pazienti curati male si ricoverano e si ammalano molto più degli altri per cui, a lungo andare, spendiamo molto di più per rimediare a terapie e diagnosi inadeguate che per trattare come si deve chi ha bisogno delle cure, indipendentemente dalla sua età».