Pecunia non olet


Stampa

'C'è un'alleanza tra impresa, politica e criminalità'

Intervista allo scrittore Enzo Ciconte

“Ndrangheta padana”, un volume che parla della commistione tra la politica e la ‘ndrangheta, che è un fenomeno presente anche in Lombardia. Perché l’idea di questo libro?
Mi ero già occupato in un altro volume di estorsione e usura a Milano e in Lombardia. A distanza di dieci anni ho avvertito la necessità di vedere cosa era successo, anche alla luce della grande operazione tra Milano e Reggio, denominata “Crimine”, che ha portato all’arresto di oltre 300 persone e che ha evidenziato l’infiltrazione massiccia delle organizzazioni criminali in terra padana, sia nelle attività produttive e commerciali, sia nel mondo politico amministrativo locale. E’ un libro che cerca di dare una risposta a una serie di interrogativi e di vedere cosa è cambiato. La cosa drammatica è che negli ultimi 15 anni c’è stata una mutazione genetica della ‘ndrangheta in territorio lombardo: è aumentato il rapporto tra la ‘ndrangheta e il mondo della politica. Questa organizzazione criminale ha avuto la capacità di avere rapporti soprattutto con il Popolo della Libertà perché è il partito maggioritario in Lombardia, governa la maggior parte dei Comuni, la Regione e molte province. Ma ha avuto rapporti anche con uomini della Lega e anche con uomini del Partito Democratico. La ‘ndrangheta si è configurata come un’organizzazione che non ha colore politico definito. Va dove c’è il potere e se gli uomini di potere le allargano le braccia, la ’ndrangheta entra. Ci sono sei consiglieri regionali della Lombardia che, pur non avendo commesso reati o atti penalmente rilevanti, hanno avuto rapporti con la ‘ndrangheta. Questa è la principale novità degli ultimi 15 anni. L’altra novità è che gli imprenditori, che nelle indagini dei primi anni negli anni ’90 erano vittime della ‘ndrangheta, oggi appaiono collusi e fanno affari con i ‘ndranghetisti. Questo libro vuole far conoscere quello che accade a Milano e in Lombardia.

Lei scrive che negli ultimi 15 anni la ‘ndrangheta ha conteso alla Lega il controllo del territorio padano.
Il Nord si è fatto mezzogiorno, scegliendo come modello il mezzogiorno peggiore.
In una cultura che nega la presenza della mafia al nord, pensando che sia solo un fatto di meridionali selvaggi, incolti e ignoranti, e che si crede immune alla penetrazione criminale, sta Il pericolo più grande. Questa idea un po’ razzista, questa analisi sbagliata del fenomeno, ha disarmato i cittadini lombardi, che non si sono accorti della penetrazione mafiosa sul loro territorio. Sono cinquant’anni che la ‘ndrangheta è presente a Milano e in Lombardia, ma mai fino a questi ultimi anni si era verificato un condizionamento della politica e della grande imprenditoria. La novità è questa pericolosa alleanza tra impresa, politica e criminalità.

Come ha reagito il mondo della politica a questo avanzare dell’ndrangheta al Nord?
Inizialmente negando il fatto. C’è stato un grande silenzio dopo l’operazione Crimine del 12 luglio 2010, . Adesso comincia ad avvertirsi una reazione. Lo stesso Consiglio Regionale ha proposto una legge contro la penetrazione mafiosa, si comincia a discutere, escono libri, lo stesso Saviano ne ha parlato in televisione. C’è un’attenzione maggiore rispetto al passato. Ma le forze politiche non hanno ancora preso atto seriamente di quello che è successo. A Desio i consiglieri leghisti si sono dovuti dimettere per riuscire a sciogliere un Consiglio Comunale che era sospettato di infiltrazioni mafiose. Il ministro Maroni avrebbe dovuto inviare a Desio, nell’Asl di Pavia ( dove è stato arrestato il direttore sanitario) e in altri comuni, le commissione d’accesso per verificare se c’erano stati condizionamenti della ‘ndrangheta. Probabilmente non l’ha fatto per difendere l’immagine del territorio lombardo e di amministrazioni comunali dove compartecipano anche uomini della Lega. Questo è stato un errore madornale.

Per questo lei scrive “la Lega non ha mai preso sul serio la mafia”? Qual è, se c’è, la responsabilità della Lega?
E’ una responsabilità politica. A me non interessa se ci sono amministratori che abbiano avuto o meno comportamenti penalmente rilevanti. Spetta alla magistratura stabilirlo. La Lega dice di controllare il territorio, allora o non si è accorta della ‘ndrangheta e quindi non controlla nulla, oppure se ne è accorta ma non l’ha contrastata. La politica della Lega in questi anni è stata di contrasto agli stranieri, ai rom, ha istituito le ronde ma non ha controllato le attività economiche della ‘ndrangheta e la sua penetrazione. Non si arresta la ‘ndrangheta combattendo il soggiorno obbligato. La Lega ha sottovalutato la presenza della criminalità organizzata, anche se ci sono stati amministratori leghisti seri che si sono spesi in prima persona in questa battaglia. Ma in generale la politica della Lega non è stata adeguata alla pericolosità e alla pervasività della criminalità in Lombardia. Bisogna disboscare il rapporto con la politica. Non basta vantare i successi in termini di arresti e di confische, perché anche se si tratta di risultati importantissimi , si rischia la propaganda. Bisogna individuare la “zona grigia”, quelli che io chiamo “uomini cerniera”, gli uomini che mettono in collegamento il legale con l’illegale, le cose pulite con le cose sporche.

Qual è il legame tra la ‘ndrangheta del Nord e quella calabrese?
Comanda la ‘ndrangheta che sta in Calabria. Dalle indagini viene fuori con chiarezza che quando non c’è accordo in Lombardia i rappresentanti scendono in Calabria e risolvono i loro contrasti lì. Poi applicano le decisioni assunte in Calabria. E’ la conferma della grande forza della ‘ndrangheta calabrese che continua a comandare nonostante il passare degli anni.

Qual è la vera emergenza oggi?
E’ la presenza nei settori economici, in modo particolare nell’edilizia, nella sanità ( che da sola rappresenta ogni anno in Lombardia una spesa di 16 miliardi, il 72% del bilancio regionale), l’infiltrazione nel tessuto istituzionale (periferico e centrale), oltre che nei tradizionali settori illeciti quali il traffico di armi, di stupefacenti, le estorsioni e nell’usura.

Cosa si aspetta da questo libro?
Che possa suscitare una discussione e un cambiamento nel mondo politico. Io sono uno studioso e non mi interessano le polemiche politiche. Cerco di capire e di spiegare il fenomeno e l’evoluzione della ‘ndrangheta nel tempo. Il libro non contiene contumelie e offese nei confronti della Lega. E’ un libro che cerca di individuare le responsabilità di tutti i partiti. Nessun partito è immune. La ‘ndrangheta va dove c’è il potere, e al nord comanda la Lega, ma la ‘ndrangheta non è né di destra né di sinistra.

In cosa ha sbagliato Saviano?
Nell’attaccare solo la Lega. Ha fatto intendere che la ‘ndrangheta interloquisce solo con la Lega e questo non è vero. Non ha spiegato: perché con la Lega e non con gli altri partiti? Saviano ha isolato un fatto da un contesto molto più ampio. Poi un conto è dire “interloquisce”, un altro “cerca di interloquire”. La cosa è molto diversa.

(C. T.)