Il Natale dei bambini (e non solo)


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Quando le fiabe sembrano un po’ vere

I palinsesti televisivi fioriscono di film e cartoni dedicati ai telespettatori in erba, magari con un occhio agli adulti (perché tutti i grandi sono stati bambini, diceva Saint-Exupéry). RaiUno propone così tre grandi fiabe firmate Disney N


di Federica Marino

Sarà grazie al clima di festa, certamente per le temperature invernali, complice la lunga chiusura delle scuole, quello di Natale è un periodo casalingo, che vede i bambini riuniti intorno alla tv.

Impossibile non tenerne conto nei palinsesti, che infatti fioriscono di film e cartoni dedicati ai telespettatori in erba, magari con un occhio agli adulti (perché tutti i grandi sono stati bambini, diceva Saint-Exupéry).

E’ questa la scelta di Rai Uno, che propone tre grandi fiabe firmate Disney: dopo Cenerentola, in onda il 7 dicembre, tocca il giorno di Santo Stefano alla Bella Addormentata nel bosco, mentre il 2011 si apre, il 2 gennaio, con Biancaneve e i Sette nani.

Vogliamo parlare del cinema? Ecco Rapunzel, ancora una volta Disney e ancora una volta ispirata alle fiabe tradizionali tanto amate dal fondatore Walt.

Sono state infatti raccolte dai fratelli Grimm sia Rapunzel che Biancaneve, nel primo ventennio dell’Ottocento, mentre è sul finire del XVII secolo che incontriamo Cenerentola e Aurora, nella versione di Charles Perrault. Prima, fiabe molto simili erano state narrate dal napoletano Basile, nel suo Cunto de li Cunti e nelle Piacevoli notti dal bergamasco Straparola.

Una domanda-riflessione: perché tanti autori di epoche diverse hanno intrapreso la stessa opera di recupero, trascrizione e sistematizzazione del patrimonio popolare europeo, trasformando il folklore in letteratura? Per sperimentare le potenzialità del dialetto colto, nel caso di Basile e Straparola. Oppure perché la lingua scritta “manet” ed è quindi percepita come più autorevole e vicino all’autorità: è questo ad esempio il caso di Perrault, accademico di Francia e linguista in un’epoca in cui la Francia si dà identità anche attraverso la regolamentazione del linguaggio. I romantici Grimm lavorano sullo spirito popolare tedesco e in questa chiave ci restituiscono nelle fiabe le stesse atmosfere cupe e tempestose delle poesie dei contemporanei.

Al di là delle motivazioni legate al periodo storico o alla cultura, c’è però un senso più profondo nella permanenza di queste narrazioni: come i miti per gli antichi Greci, le fiabe riportano i moderni alla radice della loro coscienza e ancora prima all’inconscio.

La fiaba è il palcoscenico in cui si mette ordine nelle pulsioni disordinate della coscienza più antica. E’ un esorcismo contro i lati oscuri che ognuno porta in sé, con la speranza di poterli uccidere. Il mondo della fiaba è bianco e nero: le sfumature non esistono e se esistono vengono eliminate nel finale. Trionfa un mondo più semplice e lineare, dove bene e male possono anche brevemente mescolarsi, ma alla fine tornano sempre ben definiti, illuminati in pieno e senza possibilità di equivoco: la bella fanciulla è veramente bella e ovviamente buona. La matrigna è sempre cattivissima, il principe è azzurro e cavallo (bianco)-munito e sul finale tutti vivono sempre felici e contenti.

Guardiamo le fanciulle protagoniste di questo Natale in tv e al cinema: tutte e quattro orfane o strappate alla famiglia, tutte allontanate dal mondo, su una torre, in una casetta nel fitto del bosco o più semplicemente in fondo alla cucina. Tutte, contro ogni legge statistica, amate e scelte dal Principe per regnare con lui, ovviamente a lungo, ovviamente bene, ovviamente con l’amore dei sudditi.

Prevedibilmente, ogni epoca aggiunge qualcosa di sé agli ingredienti di base: la famiglia Shrek ha messo alla berlina il mondo della fiaba in tutti i suoi elementi, mentre a fianco delle principesse classiche sono arrivate eroine più moderne, come Pocahontas o Mulan, che hanno saputo farsi strada nell’immaginario dei bambini –e soprattutto delle bambine – del terzo millennio. E’ un’operazione lunga, almeno la strada percorsa dalle fiabe giunte a noi dal passato. Resta un sapore di fondo, che ha attraversato i secoli: complice lo spirito del Natale e un po’ di “color di nostalgia” è, forse,un gusto di speranza nel lieto fine: ogni tanto, per tutti, anche solo in una fiaba.