di Alessandra D'Agostini
La poltrona resterà vuota alla cerimonia della consegna del Premio Nobel per la Pace 2010 nella Sala delle Feste del Municipio di Oslo. Solo una fotografia ricorda al mondo chi ha deciso di spendere la propria vita per la libertà e la democrazia. Il dissidente cinese Liu Xiaobo, “simbolo di una lunga e non violenta lotta per i diritti fondamentali dell’uomo in Cina”, non partecipa all’assegnazione dell’importante riconoscimento. Il vincitore del premio, professore di letteratura che il 28 dicembre compierà 55 anni, è rinchiuso in una cella della prigione del Jinzhou, dove sta scontando una condanna a 11 anni per istigazione alla sovversione.
Liu è stato uno dei 303 firmatari della Carta 08, un documento redatto per celebrare i 60 anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, che chiede al governo maggiore democrazia e rispetto di tutti i diritti. Modellata sul documento diffuso nel 1977 da un gruppo di intellettuali cecoslovacchi, la Carta è stata diffusa sul web per poche ore, raccogliendo oltre duemila adesioni.
Neanche la moglie Liu Xia ha potuto lasciare la Cina: dall’8 ottobre, giorno dell’annuncio da parte del Comitato norvegese, è agli arresti domiciliari senza un’accusa formale. Anche i fratelli di Liu sono stati fermati e solo il maggiore, docente universitario di ingegneria, da pochi giorni ha avuto il permesso di riprendere le lezioni, ma sotto sorveglianza. Secondo i gruppi umanitari, un’ondata di arresti o di limitazioni della libertà di persone «pericolose» è stata lanciata da ottobre a oggi. Per la prima volta nella storia, come ha annunciato il presidente del comitato Nobel, il norvegese Thosbjorn Jagland, la medaglia, il premio e l’assegno da 1,5 milioni di dollari non saranno consegnati. Alla cerimonia, durante la quale uno scritto di Liu Xiaobo sarà letto dall’attrice Liv Ullman, parteciperanno alcune decine di esuli cinesi, tra cui alcuni dei leader delle proteste studentesche del 1989.
Da ottobre si sono moltiplicati gli appelli per chiedere la liberazione di Liu. Dal presidente Obama alle Nazioni Unite, dalle organizzazioni umanitarie agli ex Nobel. “Pechino –scrivono l’ex presidente della repubblica Ceca, Havel, e l’arcivescovo sudafricano Tutu- ha l’occasione di celebrare una nuova rotta, che le consenta di indossare le vesti di leader mondiale da ogni prospettiva, compresa la capacità di promuovere e proteggere i diritti umani”. Tutu, ex Premio Nobel per la Pace, e Havel , uno dei più importanti dissidenti ai tempi del comunismo, accusano la Cina non solo di violare i diritti dei propri cittadini ma anche “di difendere e aiutare dittature brutali in tutto il mondo: Birmania, Sudan, Corea del Nord commettono impunemente ingiustizie contro i loro popoli grazie all’aiuto bilaterale e ad armi del valore di parecchi miliardi di dollari concessi proprio dalla Cina ”.
Pechino mostra i muscoli anche a livello internazionale minacciando ritorsioni contro la Norvegia e intimando ad altre nazioni di disertare l’appuntamento o di “pagarne le conseguenze”.
Il governo cinese definisce Liu Xiaobo "un criminale", il premio “un’oscenità” e ha cercato di boicottare con ogni mezzo la cerimonia, minacciando conseguenze contro i Paesi che avessero presenziato. Una ventina di nazioni, tra cui Russia, Iraq, Tunisia, Arabia Saudita, Cuba e Marocco, hanno annunciato la loro assenza e secondo Pechino cento tra Paesi e organizzazioni si sono dichiarati d’accordo col boicottaggio.
E tra Cina e Norvegia è ormai gelo. "Sarà difficile mantenere con Oslo le stesse relazioni del passato, dal momento che il Comitato ha conferito il Premio per la pace a un criminale riconosciuto dalla legge cinese, e dal momento che il governo norvegese si e' dichiarato pubblicamente solidale con questa decisione", ha avvertito Pechino, secondo cui “è ragionevole e comprensibile - che alcuni dipartimenti cinesi mettano in dubbio il normale corso degli scambi bilaterali e della cooperazione con la Norvegia". Pechino ha ribadito che la decisione del Comitato per il Nobel equivale a sostenere le attività criminali degli attivisti in Cina e dimostra "un evidente disprezzo" e "una grave ingerenza" nel sistema giudiziario interno, visto che "la questione di Liu Xiaobo non ha niente a che vedere con la libertà d'espressione e con i diritti umani". Pronta la replica di Oslo che ha fatto sapere che la Cina avrà "la responsabilità delle eventuali conseguenze che il Nobel potrebbe produrre sui rapporti bilaterali. Non vi siano motivi per cui la decisione della Comitato per i Nobel debba avere ripercussioni". In effetti, la scelta di premiare Liu Xiaobo ha già prodotto alcune conseguenze, come denunciato dalle autorità di Oslo: Pechino ha rimandato a data da destinarsi i negoziati per la firma di un accordo di libero scambio fra i due Paesi.
Da Oslo, il Comitato del Nobel ribadisce che il conferimento del premio al dissidente “non è contro la Cina, ma ha l’obiettivo di onorare le persone come Liu, convinte che l’ulteriore sviluppo economico nel Paese deve essere combinato con riforme politiche”. Ma gli appelli sembrano destinati a cadere nel vuoto a Pechino.