Sakineh Ashtiani, la donna iraniana condannata a morte per adulterio e per l'omicidio del marito, è stata liberata E' quanto riferiscono gli attivisti iraniani del Comitato internazionale contro la lapidazione all'agenzia Aki- AdnKronos International.
"Siamo felici" dice la presidente della ong, Ahadi. Secondo la fonte, assieme alla donna sono stati rilasciati ieri anche suo figlio Sajjad e l'avvocato Kian. La vicenda di Sakineh ha mobilitato la comunità internazionale, che ha lanciato pressanti appelli a Teheran affinché le fosse risparmiata la vita.
Sakineh, per 4 anni a rischio lapidazione
La vicenda di Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana che rischia la lapidazione per adulterio, e' iniziata quattro anni fa, quando allora 38enne e' stata messa sotto processo. Il figlio e l'avvocato della donna, Sajjad Qaderzadeh e Javid Hutan Kian, sono stati arrestati il 10 ottobre dagli agenti dell'intelligence iraniana, mentre stavano rilasciando un'intervista a due giornalisti tedeschi. Della sorte dei due reporter europei non si hanno notizie.
Il processo contro Sakineh prende il via nel 2006, quando la donna viene accusata di adulterio, messa in prigione a Tabriz e condannata a 99 frustate. Ma subito dopo viene accusata di avere una relazione con l'assassino di suo marito e per questo di nuovo messa sotto processo per adulterio e per complicita' nell'omicidio. Una sentenza della Corte Suprema nel 2007 condanna Sakineh alla lapidazione, ma la sua esecuzione viene rinviata in seguito alla presentazione di un ricorso. Ma a luglio il ministro degli Esteri, Manouchehr Mottaki, interviene per precisare che la sentenza non e' stata sospesa ma, semplicemente, la procedura giudiziaria non e' ancora conclusa. L'11 agosto Sakineh e' intervistata in diretta, dal braccio della morte della prigione di Tabriz, sulla tv di stato e ammette di essere colpevole sia di adulterio che di complicita' nell'omicidio del marito. Una confessione che, a detta degli attivisti e dei familiari della donna, le e' stata estorta con la forza. Ma l'intervista produce un effetto boomerang, accendendo ancor di piu' i riflettori internazionali sul caso. In una seconda confessione alla tv di Stato, il 16 novembre, la donna ammette di essere una peccatrice.
La vicenda balza all'attenzione dell'opinione pubblica mondiale all'inizio della scorsa primavera, quando una grande mobilitazione internazionale porta subito le autorita' di Teheran a parlare di una sospensione della sentenza. Dagli Stati Uniti parte un appello di premi Nobel e star di Hollywood, dalla Francia quello della premiere dame Carla Bruni (per questo definita 'prostituta' dalla stampa iraniana ultraconservatrice), dall'Italia quello di media come Aki-Adnkronos Internazional, a cui si associano politici, intellettuali e star dello sport, tra cui Francesco Totti.
All'inizio di settembre, in un'intervista ad Aki, il figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh, annuncia che la madre e' stata sottoposta a ulteriori 99 frustate sulla base della falsa accusa di corruzione e indecenza per aver fornito al Times di Londra una sua foto senza velo. Una foto che in realta' ritrae un'altra donna ed era stata erroneamente attribuita a Sakineh. Sajjad chiede inoltre l'intervento del governo italiano e del Vaticano per fermare la mano del boia.
Intanto, soprattutto in Italia e Francia, le piazze si riempiono di manifestanti pro-Sakineh e di gigantografie della donna, esposte anche sui municipi di Roma. Il Parlamento europeo, grazie all'attivismo di molti deputati, tra cui la vice presidente Roberta Angelilli, vota una risoluzione di condanna nei confronti di Teheran e chiede di salvare la vita della donna. Teheran comincia a sentirsi alle strette e il ministero degli Esteri, tramite il suo portavoce Ramin Mehmanparast, accusa Italia e Francia di essersi attivate sulla base di informazioni false. Ma poi, l'8 settembre, e' lo stesso Mehmanparast ad annunciare che la lapidazione di Sakineh e' stata sospesa.
Ma l'attenzione sul caso non cala, con l'avvocato della donna, Javid Houtan Kian, che afferma che non esiste un provvedimento formale di sospensione, che il suo ricorso alla Corte Suprema e' bloccato e che molti atti relativi al caso sono scomparsi. Il 19 settembre, in modo inatteso, e' il presidente Mahmoud Ahmadinejad a gettare acqua sul fuoco, assicurando in un'intervista alla Abc che la notizia della condanna alla lapidazione e' falsa e che Sakineh ha "comunque diritto a quattro gradi di giudizio".